15/10/2021 di Manuela Antonacci

Aborto. Il ginecologo Aicale: «In Italia si nascondono i dati reali, soprattutto sulle conseguenze»

L'Aigoc, l'Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici, ha manifestato nelle scorse settimane le sue perplessità in merito alla relazione annuale al Parlamento sull'applicazione della legge 194/1978 sull'aborto volontario. In particolare si denunciano dati incompleti o inesatti riguardo la stima del numero degli aborti, che non tiene conto di tutti quei farmaci abortivi venduti senza ricetta, anche online, né si tiente conto degli aborti clandestini compiuti dalle donne straniere. Ne abbiamo parlato con il dottor Vito Aicale, Dirigente Medico Responsabile di U.O.S. Diagnosi Prenatale U.O. Ostetricia e Ginecologia, presso l'ospedale Madonna delle Grazie di Matera. Una testimonianza preziosa anche in occasione, oggi, della “Giornata mondiale della consapevolezza sulla perdita perinatale e infantile”

 

Che senso ha questo report lacunoso? Non è più un mezzo per valutare una situazione oggettiva da sottoporre ai parlamentari?

«Effettivamente leggendo questa relazione ci si rende conto che le critiche che l’Aigoc ha sollevato, circa l’incompletezza dei dati, hanno un fondamento serio: sembra proprio che si vogliano nascondere i dati reali, specie quando ci riferiamo alle complicazioni post aborto, dove effettivamente i valori e i numeri sono completamente sottostimati. Si vogliono nascondere i valori reali, come per dire che meno complicanze ci sono e più si può procedere sicuri. Lascia perplessi il fatto che alcune regioni d’Italia stiano ancora aggiornando i loro sistemi di raccolta dati finalizzati a questo scopo. Inoltre, alcuni valori non vengono assolutamente rilevati e questo lascia molto perplessi, soprattutto se tutto ciò è riferito ad una relazione che dovrebbe rendere conto dell’applicazione di una legge voluta e venduta come una conquista di civiltà. Per questo lascia perplessi e dubbiosi questa sottostima delle complicazioni post aborto. L’Aigoc ha sottolineato l’incongruenza di valori, nel momento in cui, nella relazione, si fa riferimento alle complicazioni dell’aborto farmacologico e a quelle dell’aborto chirurgico che, nell’insieme, raggiungono un numero di sicuro superiore ai numeri delle complicazioni post abortive segnalate all’inizio».

 Dal report emerge che le complicazioni dell’aborto farmacologico, sarebbero aumentate del 2% nel 2019, come mai, allora, le donne continuano a ricorrere alla pillola abortiva? Si tratta di cattiva informazione?

«Assolutamente sì. La pillola abortiva è stata sempre proclamata come un metodo sicuro, come un metodo pratico, come un tornare indietro su ciò che si è compiuto. E’ stata sempre vista come una conquista delle donne, invece, con l’aborto farmacologico sembra si siano fatti dei passi indietro. Di fatto, le complicazioni ci sono e sono tante, ma non c’è niente di nuovo, allora, se le complicazioni sono maggiori, bisogna segnalare questo maggior rischio. Le basi scientifiche che sono state richiamate dal Ministero della Salute nell’agosto 2020, per liberalizzare l’uso della Ru486 e portarla anche a nove settimane, sono appunto, scientificamente non fondate. E’ chiaro, dunque, che questo metodo viene propinato solo per motivi di natura economica: così, infatti, ci sono meno spese di gestione, perché è previsto in Day Hospital. Si fa cattiva informazione, le persone pagano in termini di sofferenza fisica e si porta la donna a vivere questo dramma in totale solitudine».

Il 28 settembre si è celebrata la giornata dell’aborto libero e sicuro, mentre oggi – al contrario – è la Giornata dei Bimbi non nati. Dal punto di vista del bambino l’aborto lo possiamo definire, davvero, “libero”? E sicuro di cosa? Della sua morte?

«Quella del 28 settembre scorso è una giornata dal sapore surreale che si vive in diversi paesi del mondo. È come se in Italia non si fosse paghi degli oltre sei milioni di bambini uccisi dal 1978 ad oggi e non si fosse paghi delle centinaia di migliaia di confezioni di pillole del giorno dopo che vengono vendute ormai senza obbligo di ricetta medica. Siccome si parla di aborto libero, gratuito e sicuro, allora mi chiedo se c’è davvero bisogno di sottolineare “libero”, dal momento che tutte le modalità sono praticate. Si pratica l’aborto come e quando vuole la donna, senza assegnare alcun diritto al bambino che oramai è considerato una parte del corpo della donna di cui lei può fare ciò che vuole. Inoltre non è “sicuro” per niente. Dobbiamo prendere in considerazione, infatti, tutte quelle complicazioni di ordine fisico e psicologico legate all’aborto. Con questo spirito abortista si vuole abbattere il diritto all’obiezione di coscienza dei medici che è garantito dalla 194 e si vuole ulteriormente dare il via libera all’aborto farmacologico ambulatoriale, come richiesto dall’associazione “Luca Coscioni”. Il tutto è, appunto, surreale».

 

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