L’altro ieri, la relazione del deputato socialista Marc Tarabella pro aborto e sulla parità di genere – di cui abbiamo più volte parlato – è stata adottata dal Parlamento Europeo nel corso della sessione plenaria a Strasburgo, con 441 voti favorevoli, 205 contrari e 52 astenuti.
Questo documento, riporta la situazione della parità uomo-donna nel 2013, mettendo in evidenza le future sfide dell’UE: il divario tra i salari e le pensioni dei due sessi, la posizione delle donne nel processo decisionale politico ed economico, l’impatto della crisi economica e la lotta contro la violenza sulle donne. Fin qui nulla di male.
Il problema è che, come al solito, dietro ad una cosa buona se ne nasconde una losca.
Tra le fondamentali considerazioni sullo sfruttamento delle donne attraverso il traffico e le mutilazioni genitali femminili, nell’ordine del giorno – come un vero e proprio cavallo di Troia – è stato infatti inserito il tema della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi, come un diritto fondamentale.
Durante il dibattito, i liberali ed i socialisti hanno fortemente reclamato “il diritto della donna di scegliere ciò che accade al proprio corpo, il libero accesso alla contraccezione e all’aborto sicuro”, denunciando “il pericolo di tornare a valori conservatori, dove le donne sono state imprigionate in un burqa virtuale”.
Un passaggio cruciale del documento approvato recita testualmente: “Il Parlamento europeo insiste sul fatto che le donne debbano avere il controllo dei loro diritti sessuali e riproduttivi, segnatamente attraverso un accesso agevole alla contraccezione e all’aborto; sostiene pertanto le misure e le azioni volte a migliorare l’accesso delle donne ai servizi di salute sessuale e riproduttiva e a meglio informarle sui loro diritti e sui servizi disponibili; invita gli Stati membri e la Commissione a porre in atto misure e azioni per sensibilizzare gli uomini sulle loro responsabilità in materia sessuale e riproduttiva” .
Questo punto della relazione ha creato una grande spaccatura tra gli europarlamentari, compresi quelli del PD, ed ha spinto molti di loro all’astensionismo.
L’eurodeputata polacca Jadwiga Wisniewska, ha evidenziato che la vera violenza contro le donne non viene da una lotta di genere, ma dall’abuso di alcol e droghe e dallo sfruttamento sessuale delle donne.
Dalla Germania, l’eurodeputata Angelika Niebler, ha giustamente sottolineato l’importanza della difesa del nascituro, ricordando che l’Unione Europea dovrebbe prima di tutto tutelare il primo diritto fondamentale dell’essere umano, quello del diritto alla vita.
Purtroppo queste opposizioni non sono bastate a bloccare la risoluzione, come invece accadde per il rapporto Estrela.
Il compromesso che ha convinto anche i più scettici a sostenere Tarabella è stato un emendamento, presentato dal Ppe e poi approvato dall’Aula, che inserisce nella relazione la sottolineatura che la legislazione sulla riproduzione è di competenza nazionale.
La relazione, così com’è stata approvata, è un documento assolutamente incoerente.
Da un lato, chiede all’UE di essere presente nella vita dei cittadini, e dall’altro, riconosce che la stessa UE non può vincolare gli Stati membri imponendo leggi sui cosiddetti “diritti riproduttivi”.
Vuole promuovere le donne come imprenditrici, punendo i governi che hanno regimi fiscali che incoraggiano un genitore a rimanere a casa.
Altro che libertà di scelta.
Insistendo sul voler far lavorare la donna al pari dell’uomo, le si toglie la possibilità di scegliere di restare a casa o comunque di lavorare di meno, per poter crescere i propri figli.
Fortunatamente la relazione è una “soft law”, cioè non è una legge. Offre semplicemente il “parere” del Parlamento europeo, e non vincola le legislazioni nazionali ad adeguarsi alla sua posizione.
Tuttavia sarà quella che le lobbies abortiste useranno per spingere ulteriormente gli Stati a garantire, con le proprie leggi nazionali, il diritto delle donne di uccidere i propri figli.
Ma in realtà, anche in Italia, la strada per abortire è già spianata – dichiara il responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII – in quanto l’iter è semplice (normalmente basta un colloquio con un ginecologo), veloce (l’84,5% degli aborti avviene entro 3 settimane dalla certificazione), e completamente gratuito.
Viceversa, se la donna sceglie liberamente di portare avanti la gravidanza, nella maggior parte dei casi non ha diritto ad aiuti se non a limitate elemosine, non ha una rete di servizi adeguata e subisce di frequente pressioni da un ambiente familiare e sociale ostile alla gravidanza.
La verità è che il rapporto Tarabella, spalancando le porte a questo nuovo ripugnante “diritto”, non solo è contro la famiglia e contro la vita, ma è contro le donne stesse: anziché aiutarle ad accogliere la vita, come NATURA comanda, le spinge a distruggerla.
Fonte: http://www.careforeurope.org/index.php/tarabellareport/
Laura Bencetti