Erin Brewer è un’attivista americana, fondatrice di Advocates Protecting Children, una onlus che si impegna nella difesa dei minori contro la legalizzazione della transizione di genere per persone di età inferiore ai 18 anni. Questa missione, che lei ha particolarmente ha cuore, l’ha intrapresa anche e soprattutto a causa della sua storia: a 6 anni Erin subisce una violenza sessuale, questa terribile esperienza la porta a sviluppare dentro di sé un profondo disprezzo per se stessa e, soprattutto, per quella che lei riconosce come la causa principale della violenza, la sua femminilità.
Convinta che se fosse stata un maschio l’aggressione non sarebbe mai avvenuta, iniziò a indossare i vestiti del fratello e, nonostante non avesse mai preteso di assumere ormoni per la transizione di genere né si fosse mai effettivamente dichiarata “trans”, ad un certo punto chiese a una delle sue insegnanti di essere chiamata “Timoty”. Spesso inoltre, la dissociazione di Erin dal suo corpo femminile si manifestava attraverso attacchi di rabbia.
Alla luce di questi atteggiamenti una delle sue insegnanti la raccomandò a uno degli psicologi scolastici, che incoraggiò la madre di Erin a farle conoscere gli aspetti positivi della femminilità e a presentarle dei modelli di donne esemplari. Inoltre, consigliò alla studentessa di frequentare un gruppo per studenti con difficoltà nella comunicazione, e proprio questi incontri furono fondamentali per aiutare la ragazza a riconciliarsi con la sua identità femminile. Nonostante non mancarono le difficoltà anche nei suoi anni adolescenziali, grazie all’aiuto ricevuto e all’imminente inizio del ciclo mestruale, il cambiamento biologico da bambina a donna la aiutò definitivamente a riconciliarsi con il suo corpo.
Dopo altri lunghi anni di lotte contro il suo passato, con una carriera da porno-attrice a 40 anni, fino alla conversione avvenuta ad un incontro in cui ha trovato la fede, oggi Erin ricorda con gratitudine quell’insegnante che, di fronte alle sue fragilità, ha saputo aiutarla a ritrovare la strada giusta.
Oggi, purtroppo, molti adolescenti e ragazzi non possono dire lo stesso, perché l’approccio non è quasi mai così positivo e scientificamente corretto come fu quello che aiutò Erin. Oggi la strada è quella, drammatica, dell’ “affermazione”, ovvero di accontentare se non addirittura letteralmente spingere i bambini e i giovani verso il baratro delle loro false convinzioni e delle fragilità. Ed Erin lo denuncia con le lacrime agli occhi: «Il mio cuore si spezza quando penso a quei bambini che invece di ricevere aiuto si sentono dire che sono nati nel corpo sbagliato. Soprattutto perché molti di loro hanno subito violenza sessuale, e invece di essere aiutati ad affrontare quello che gli è successo, la violenza viene messa da parte e sono costretti a subirla ripetutamente ogni volta che vengono spalleggiati nel loro stato di confusione».
Cinque anni fa, l’attivista aveva pubblicato un video in cui parlava di una finta “appendice” maschile che le ragazze possono indossare nei pantaloni per simulare un rigonfiamento. «Paradossalmente non è neanche così terribile come sembra se pensiamo che c’è molto molto di peggio, ovvero che ci sono bloccanti della pubertà e ormoni per la transizione di genere che minano la fertilità e la sessualità dei bambini per il resto della loro vita, conducendoli sulla via dell’autodistruzione», ha detto. Lei stessa è terrorizzata nell’immaginare cosa ne sarebbe potuto essere della sua vita se il suo desiderio di essere un ragazzo fosse stato sostenuto e avesse deciso di andare oltre. È pienamente consapevole che non avrebbe potuto avere figli se avesse scelto quella strada che oggi viene prospettata con estrema superficialità, mentre oggi di figli ne ha ben tre.
Purtroppo, come abbiamo gà detto, sono tanti, troppi, i bambini che, completamente inconsapevoli, vengono accompagnati da presunti “professionisti”, medici e psicologi, attraverso la spesso irreversibile scelta della transizione di genere. Una strada da cui non si può più tornare indietro. Come dichiarato sempre da Erin, molti bambini arrivano a questo punto a causa di una violenza subita, ma ci sono anche bambini che si sentono “inadatti” o “diversi” perché soffrono di disturbi legati all’ansia e alla depressione. Il senso di inadeguatezza e di fastidio per il proprio corpo poi, può essere provato da chiunque a causa di quei cambiamenti che accompagnano nella crescita, soprattutto nel periodo dell’adolescenza.
Invece di affrontare questi problemi, però, si decide di tergiversare e di concentrarsi su un aspetto del tutto alieno. «I trattamenti dovrebbero aiutare i bambini ad affrontare e superare quei sentimenti, così che possano finalmente essere a loro agio nel proprio corpo senza danneggiare sé stessi», ha dichiarato Erin. È vero: il fine dei trattamenti dovrebbero essere i bambini e la loro salute, come lo era per l’insegnante che si è data da fare per lei e lo psicologo che l’ha presa in carico, ma non siamo così sicuri che lo sia per molti altri, che trovandosi davanti questi a bambini fragili, confusi e insicuri, vedono solo banconote che frusciano e bandiere ideologiche che sventolano.