Sui nuovi, desolanti, dati relativi alla natalità in Italia, si è espresso molto dettagliatamente ai microfoni di Pro Vita & Famiglia anche il professor Gian Carlo Blangiardo, ex presidente Istat. Una fotografia, la sua, che ripercorre un trend che in questi anni non si è, purtroppo, affatto invertito: «Quello che sta accadendo – spiega - è la continuazione di quello che accadeva già negli scorsi anni. Dal 2008 il numero di nati in Italia è sempre meno e purtroppo questo è ciò che si ripeterà anche nel 2023. E’ un dato di fatto».
Ma cosa determina questo risultato? Le statistiche parlano di calo della popolazione femminile nelle età convenzionalmente considerate riproduttive (dai 15 ai 49 anni) e della continua diminuzione della fecondità. Il significato di queste due situazioni lo abbiamo chiesto proprio al dottor Blangiardo: «Due fattori comportano questo calo e sono quelli di cui si accennava sopra. Uno è di natura tecnica: il numero di potenziali mamme va riducendosi perché si è ridotto il numero di nascite nel passato. La caduta di natalità del passato ha fatto sì che si generassero pochi bambini e quindi pochi potenziali futuri genitori. Dal 2008 al 2022 sono 184mila nati in meno. I 2/3 sono un cambiamento di struttura nella popolazione femminile. Non incide il genere: più o meno il numero di maschi e femmine si equivale». E’ dunque proprio il minor numero di bambini nati nel passato a tradursi in minor presenza di genitori oggi.
L’ex presidente dell’Istat, poi, descrive l’altro aspetto che incide sui numeri: «L’altra componente è quella della fecondità: ovvero della scelta di mettere al mondo un figlio. Nel 2022 la fecondità si attesta a 1,24 figli per donna, pienamente sotto al ricambio generazionale. Il tutto è dato da condizioni di contesto legato ai costi, alla conciliazione tra lavoro e famiglia, all’inospitalità dei nuovi arrivati in società».
Per invertire il trend cosa fare dunque? Da anni la domanda è sempre la stessa, forse è il caso di agire concretamente prima che sia troppo tardi. Il professor Blangiardo prende ad esempio altre nazioni europee: «Non esiste la ricetta magica ma quello che si può cercare di fare è agire di più e su più fronti. Costi, conciliazione, cura. Deve essere un lavoro di concerto: Stato, imprenditori, sociale, associazioni varie, volontariato ecc. Tutti devono capire che stiamo vivendo un momento complicato: bisogna unirsi e agire. Nel 2008 la Germania aveva 180mila nati in meno. Da tempo il loro trend è in positivo. Come hanno fatto? Hanno investito: assegni, assegni aggiuntivi, finanziamenti a bambini e ragazzi. A Est: Romania e Ungheria, ad esempio, hanno lavorato con i giovani aiutandoli a mettere famiglia intervenendo in determinati ambiti: casa, lavoro, sociale». Insomma: gli strumenti ci sono e se si vuole si può realmente intervenire per aumentare la natalità ed invertire il trend che ormai in Italia ha assunto una piega allarmante.
Niente catastrofismi, però: «Non credo si arriverà all’estinzione – dice Blangiardo con una nota di amara ironia - ma andando avanti così la situazione non sarà rosea. Va agito molto sulla cultura, far in modo che si attivi una vitalità per la popolazione in generale. Occorre agire tutti a 360 gradi, anche a livello di modelli culturali odierni, insistendo anche con aiuti importanti se vogliamo invertire una rotta che sicuramente per il 2023 è, comunque, già tracciata».