La demografia italiana non dà cenni di miglioramento, anzi peggiora. Queste le conclusioni che emergono dalla pubblicazione dei dati Istat 2017, che non sorprendono e confermano un trend in caduta libera: nascono sempre meno bambini, anche il record negativo del 2016 è stato battuto e adesso si aspetta solo di arrivare a bissare il «peggior dato dall’Unità d’Italia», tanto perché così i giornalisti dovranno inventare un altro termine di paragone. Si scherza per non piangere, ma la situazione è veramente problematica.
Nella valle di lacrime in cui è immersa la demografia italiana, sono veramente poche le “isole felici”, dove il saldo della popolazione è in crescita: ma, attenzione, la percentuale ricomprende anche le immigrazioni che, nelle regioni del Nord, sono un numero importante. In Provincia di Bolzano si registra un +7,1 per mille, con il tasso di fecondità migliore d’Italia, pari a 1,75 figli per donna; in Lombardia nel 2017 c’è stato un +2,1 per mille, con una fecondità per donna pari a 1,41; in Provincia di Trento si ha un +2 per mille, con una fecondità per donna pari a 1,50. In saldo positivo anche l’Emilia Romagna (+0,8) e il Lazio (+0,4) e, a livello demografico, si distingue in positivo anche la Valle d’Aosta, con il terzo tasso di fecondità migliore del Bel Paese: 1,43 figli per donna. All’opposto, le aree del Paese dove la fecondità è più contenuta sono tutte nel Mezzogiorno, in particolare Basilicata (1,23), Molise (1,22) e Sardegna (1,09).
In ogni caso si è ben lontani dal dato utile per garantire il ricambio generazionale, fissato a 2,1 figli per donna. Da notare, comunque, che le aree dove si fanno più figli sono anche quelle dove c’è una longevità migliore: a guadagnare la medaglia d’oro in termini di longevità è infatti il Trentino. Che sia un semplice caso? O che la qualità di vita, e dunque anche il maggior benessere psicologico delle persone sia capace di influire anche sul modo di affrontare la vita?
Le riflessioni che si potrebbero fare di fronte a questi dati sono tante, ma forse la più importante rimane a livello educativo ed ideale: abbiamo una generazione di giovani che non è capace (o che non è in grado?) di assumersi responsabilità gravose – e definitive – come quella di sposarsi e di mettere al mondo figli perché è inabile al sacrificio, vive sul sentimentalismo e sui dati effimeri, ha un’indole edonista e, in definitiva, non ha ideali grandi cui tendere. Una generazione di “ragazzetti immaturi”, anche se hanno superato da un po’ i venticinque anni, che non ha avuto veri maestri, se non gli apostoli del “carpe diem“.
Poi, naturalmente, il dato economico rimane ed è un dato di fatto che i giovani che intendono mettere su famiglia non sono aiutati per nulla (si pensi banalmente al mutuo: quale banca lo concede a coniugi entrambi con lavoro precario?). In tempo di campagna elettorale, questi dati dovrebbero far riflettere i nostri politici – e quelli che siedono al Parlamento Europeo, dato che ormai ne siamo succubi – rispetto alle vere urgenze del nostro Paese che, sembra quasi banale rilevarlo, non è l’ora legale... ma tant’è, quando si è capaci di guardare solo al proprio interesse e agli scarsi anni della propria vita, senza avere dei valori di base saldi e senza saper formulare un pensiero di lunga durata, aperto al futuro, succede questo.
E allora, cosa volete, continueremo a perdere un’ora di sonno in primavera e a guadagnare un’ora d’orologio in autunno... ma che a nessuno venga in mente di usare i sessanta minuti guadagnati per fare un figlio, mi raccomando!
Teresa Moro
per un’informazione veritiera sulle conseguenze fisiche e psichiche dell’ aborto