I dati Istat pubblicati nella giornata di lunedì presentano più che mai luci e ombre. Se, da un lato, registrano una ripresa rispetto al 2020 – segno che, gradualmente, il Paese si sta riprendendo dallo choc della pandemia – il tasso demografico si conferma negativo: sempre meno nati e sempre più morti. Uno scenario in cui spicca la lodevole eccezione della Provincia di Bolzano, quella dotata del welfare più robusto, che le ha permesso, nonostante tutto, di veder crescere, seppur di poco, la sua popolazione (+0,2%) rispetto al 2020. Raggiunto telefonicamente da Pro Vita & Famiglia, il presidente dell’Istat, Giancarlo Blangiardo, ha commentato l’attuale scenario demografico italiano.
Professor Blangiardo, in alcune regioni natalità e mortalità presentano numeri molti diversi rispetto alle altre. A cosa è dovuta l’eterogeneità degli ultimi dati demografici?
«È dipeso da come i vari fattori hanno agito. Uno di questi è la mortalità che si è manifestata in maniera diversa sul territorio. In qualche modo c’è anche il discorso della mobilità, del blocco della circolazione, dei movimenti di natura interna. Tutto questo ha prodotto una riduzione della popolazione un po’ ovunque, ad eccezione di Bolzano. In certe aree i cambiamenti sono più accentuati, perché nel 2021 c’è stato un effetto più intenso rispetto al 2020».
L’eccezione della provincia di Bolzano è dovuta al welfare più efficiente in quel territorio?
«Sì, la crescita della popolazione è dovuta a una natalità alta, incentivata dal fatto che, in quella Provincia, le famiglie sono più assistite che nel resto d’Italia. Di conseguenza vi sono le condizioni per far nascere più figli».
Un dato da analizzare è sicuramente il sensibile rialzo della natalità nell’ultimo bimestre del 2021, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un dato che autorizza a sperare?
«Se andiamo a confrontarlo con lo stesso bimestre dell’anno prima, si riscontra una variazione importante, anche perché negli ultimi due mesi del 2020, la natalità è stata particolarmente bassa. La notevole variazione in positivo su base annuale non toglie comunque il fatto che, rispetto all’ultimo bimestre del 2019, i valori sono molto simili. A fine 2021 la natalità ha tenuto rispetto ai livelli di prima della pandemia: questo è sicuramente un dato positivo».
Nel crollo di fine 2020, ha inciso lo choc del lockdown?
«Gli ultimi mesi del 2020 hanno sicuramente risentito dello choc del primo lockdown: il crollo dei concepimenti a marzo ha inciso sulle nascite a dicembre. Il ritorno alla quasi-normalità, nel corso del 2021, è dovuto a più di un fattore. È probabile che, all’inizio del 2021, si siano cominciate a percepire le maggiori attenzioni che il governo andava maturando riguardo alla famiglia: mi riferisco a misure come l’assegno universale, che all’inizio dell’anno sono entrate in funzione. Tutto ciò, quindi, può aver contribuito in qualche modo ad attenuare gli scenari negativi, spingendo le famiglie a ad avere figli».
Si registra, poi, il raddoppio dei matrimoni: anche questo è l’effetto del post-pandemia?
«Il dato rilevante non sono tanto i matrimoni, che si attestano intorno ai 170mila, quindi comunque un po’ meno rispetto a prima del Covid. Il punto è che, nel 2020, si erano dimezzati rispetto all’anno prima. Nel 2021, il trend si è faticosamente riavvicinato ai livelli pre-pandemia che comunque erano bassi».
Si può dire, che, in sintesi, al netto dell’eccezionalità rappresentata dal 2020, i numeri demografici del nostro Paese si stiano riallineando all’andamento dello scorso decennio?
«Nel 2021 il saldo naturale nati/morti è di 310mila unità. Prima del Covid (2019) eravamo sui 214mila. Stiamo parlando di un saldo più negativo di prima, di più di 100mila unità. È chiaro che il segno negativo è ancora particolarmente presente e lo è soprattutto sul fronte delle morti che sono sempre 709mila (nel 2019 erano state 630-640 mila). Anche sul fronte della natalità siamo scesi sotto i 400mila nati (per l’esattezza 390mila) mentre nel 2019 eravamo a 420mila nati. Quindi sommando i due fronti della natalità e della mortalità, il 2021 ancora ha i segni molto evidenti dell’effetto pandemia».