Offriamo un “assaggio” ai nostri lettori del prossimo numero della rivista mensile Notizie ProVita, dedicato alla demografia, al neo-malthusianesimo e al problema della popolazione.
Ma non solo. Saranno trattati altri argomenti, come potete leggere qui.
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La cosiddetta sostenibilità si riferisce all’uso limitato delle risorse della terra, per non pregiudicare, a causa della loro scarsità, il benessere dei popoli. Il precursore di queste teorie era Malthus. Tuttavia, le sue previsioni non si sono realizzate e sono state anzi contraddette dalla storia recente. Ed è esattamente in questa ottica malthusiana che si collocano le politiche dell’aborto e dell’eutanasia. Le ripercussioni della pratica abortiva, infatti, influiscono profondamente sul benessere e sull’evoluzione di una società, specialmente sulle persone appartenenti a strati sociali che vivono quotidianamente difficoltà di ogni tipo. L’aborto incide molto sulla denatalità e contribuisce alla crisi demografica, che oggi sappiamo essere una vera e propria minaccia per la sopravvivenza della nostra società, come sostiene l’economista Edward Hugh, che ha espresso le sue preoccupazioni in merito nel libro “Popolazione, la risorsa non rinnovabile”.
Ebbene, mettendo da parte le considerazioni etiche, l’idea dello sviluppo sostenibile risulta sbagliata anche dal punto di vista economico. In effetti la storia ci dimostra come le risorse si siano moltiplicate più dell’aumento della popolazione, perché la stragrande maggioranza delle fonti utili non consiste in un quantitativo prefissato erogato dall’ambiente naturale, ma dipende e varia secondo la creatività e la capacità produttiva dell’uomo. Per esempio fra le risorse naturali – quali le foreste, i pascoli e il suolo agricolo in genere – lo sviluppo e il mantenimento delle caratteristiche di rinnovabilità dipendono dall’abilità e dalla cura dell’abitante o del coltivatore. È vero che esistono risorse come il petrolio, che non sono rinnovabili, ma ci sono numerose alternative al problema delle fonti energetiche come il sole, il vento, le maree, i salti d’acqua, le biomasse, ecc. Per esempio, anni fa si temeva che l’esaurirsi del rame avrebbe danneggiato il sistema mondiale delle telecomunicazioni, poi sono state scoperte le fibre ottiche, che hanno sostituito il rame con il silicio, che si trova nella sabbia comune.
È l’ingegno dell’uomo, stimolato e provocato dalla necessità, che usa ed aumenta le risorse a disposizione. Fra le numerose cause della caduta dell’Impero Romano una, e non trascurabile, fu proprio la crisi demografica. Al contrario, il grande sviluppo culturale e socio-economico delle città in Europa intorno all’anno Mille si dovette al cambio delle colture nei campi e alla crescita demografica.
Il problema non è nella mancanza di risorse, ma nella loro distribuzione: sono sempre più nelle mani di un numero decrescente di persone. Ricordiamo per esempio, lo strapotere delle multinazionali come Cargill, Louis Dreyfus, Archer Daniel Midland e Monsanto nella produzione e trasformazione dei prodotti agricoli in Italia e nel mondo. In Occidente, viviamo in una società dove lo spreco è enorme. Quello spreco alla cui origine stanno la sovrapproduzione e i bisogni non necessari, creati artificialmente dal consumismo. È logico che si sperperino o si distruggano milioni di tonnellate di derrate, mentre decine di milioni di persone muoiono di fame ogni anno? Non vi è qualcosa di profondamente sbagliato in un’economia basata nello stesso tempo sullo spreco e sulla scarsità?
Antonio Brandi
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