A 39 anni, è tra i candidati europarlamentari più giovani, ma lui, senza falsa modestia, rivendica la sua esperienza politica e professionale. Il suo sogno è quello di un’Europa a dimensione di famiglia, costruita dal basso. Paolo Borchia, veronese, come tanti ragazzi della sua terra, ha iniziato a lavorare giovanissimo nell’azienda di famiglia, attiva nella lavorazione del marmo. Laureato in scienze politiche all’Università di Padova, Borchia ha iniziato assai presto il suo impegno politico nella Lega, cui ha iniziato a dedicarsi a tempo pieno dal 2010, anno in cui è diventato caposegreteria del futuro ministro Lorenzo Fontana, allora europarlamentare. In occasione della sua candidatura e della sua adesione al Manifesto di Pro Vita & Famiglia, lo abbiamo intervistato.
Borchia, com’è nata la sua candidatura?
«Sono una persona che ha fatto la sua gavetta, sia nel settore privato che nelle istituzioni europee. Ho quasi 39 anni e alcuni mi bollano come “candidato giovane” ma, in realtà, ho maturato la mia esperienza di vita. Il mio intento è dare qualcosa di più, mettendo a frutto questa esperienza. Ho valutato questa congiuntura politica come il momento più adatto in cui cercare di mettere quello che ho imparato a disposizione della collettività, delle imprese, dell’università e dell’associazionismo, con l’obiettivo di portare risultati tangibili al mio territorio. Cercherò di portare le istanze che arrivano dal basso, dalle famiglie, che recepisco negli incontri pubblici, per strada. Cercherò di portare un messaggio di rispetto per tutti».
Lei è tra i firmatari del Manifesto di Pro Vita & Famiglia rivolto ai candidati alle Europee: cosa l’ha convinta ad aderire?
«Innanzitutto, vorrei poter dare una linea di continuità con quello che sta realizzando il ministro Fontana, del quale sono stato collaboratore, a partire dal rifiuto, nella maniera più decisa, degli attacchi alla famiglia cui abbiamo assistito ultimamente. In particolar modo penso che il Congresso Mondiale delle Famiglie abbia fatto emergere in maniera piuttosto evidente le percezioni distorte nella difesa della famiglia, visto che la maggior parte dei relatori sono stati attaccati sulla base di accuse false. La famiglia nella formulazione prevista dalla Costituzione, ovviamente, sarà al centro della mia attività politica».
Com’è possibile, a suo avviso, veicolare i valori della vita, della famiglia e della libertà educativa in un contesto ostile come quello dell’Unione Europea?
«Bruxelles non è evidentemente un ambiente in cui ci si possa esprimere liberamente, visto che determinati portatori di interessi sono particolarmente strutturati e potenti e, soprattutto, tendono spesso a sovvertire la realtà delle cose in maniera non intellettualmente onesta. Io penso che, più che agli strumenti convenzionali che il Parlamento Europeo offre, si debba far ricorso alla cultura, all’informazione e a tutte quelle iniziative che possano migliorare la consapevolezza dei cittadini su certe tematiche».
Sull’immigrazione, la Lega cercherà di portare in sede europea le stesse istanze che stanno muovendo il governo italiano, in particolare attraverso l’azione del Ministro degli Interni, Salvini. Qualcuno potrebbe accusarvi di avere a cuore la vita e le famiglie degli italiani ma non degli immigrati…
«Partirei da un dato oggettivo: quando vediamo che il 93% delle richieste d’asilo non va a buon fine e soltanto una minima parte viene accolta, allora penso che questi numeri dovrebbero farci riflettere. Dovremmo concentrare le risorse per quel 7% che ne ha veramente bisogno. Se l’altro 93% non ha questi diritti, è evidente che un problema si pone».
Non ha senso quindi pensare all’immigrazione di massa come a una soluzione per l’inverno demografico europeo?
«Se qualcuno pensa di poter dare vita a un “esercito di riserva” costituito da semischiavi e da sottopagati, non credo che questo faccia onore alla storia e alla tradizione europea. Abbassare fino all’inverosimile il costo del lavoro, mortificandolo, facendo sì che l’immigrazione diventi uno strumento al soldo delle multinazionali, per incrementare i loro profitti, non penso che possa essere una soluzione soddisfacente dal punto di vista umanitario».
Quindi punterete su politiche di sviluppo demografico?
«Sì, non si tratta di inventare nulla. In Europa ci sono Paesi come la Francia o la Finlandia in cui le politiche di sostegno alla natalità hanno portato a dei risultati concreti. Certo, sono politiche sociali costose però se osserviamo il fenomeno con attenzione, ci accorgiamo che queste politiche sono state un investimento sul futuro di quei Paesi».
Quali potrebbero essere, secondo lei, le misure più efficaci per un rilancio demografico?
«Le misure più efficaci sono quelle che affrontano le problematiche della quotidianità: asili nido gratuiti o dai costi accessibili, aumento delle giornate di congedo per i genitori, contributi diretti come il bonus bebé per i nascituri, contributi per i prodotti per l’infanzia. Le soluzioni non mancano, quello che serve è la volontà, oltre che, naturalmente, le coperture».
Luca Marcolivio