«La vicenda della donna triestina di 55 anni che ha ottenuto, lo scorso 28 novembre, il suicidio assistito con l'assistenza diretta del Servizio sanitario nazionale, conferma che la sentenza Cappato del 2019 pronunciata dalla Consulta, scavalcando il Parlamento, ha aperto le porte alla morte di Stato. Da oggi in Italia, pur in assenza di una legge, è possibile attraverso il servizio sanitario porre fine alla propria vita con il suicidio assitito, di fatto sono state spalancate le porte all’eutanasia. Una volta concessa la possibilità di farsi ammazzare da altri a causa di sofferenze fisiche o psichiche, nulla impedirà di lasciarsi ammazzare anche per qualsiasi altro motivo, purché lucidamente espresso. Tutti i limiti cadranno! È paradossale che il Servizio Sanitario Nazionale risponda alle richieste di morte in assenza di un diritto a morire, che di fatti non c’è in Costituzione e non potrà mai esistere. L’unico diritto, infatti, è quello alla tutela della vita, in ogni sua fase e in ogni sua condizione, e ad essere accompagnati con cure palliative, hospice e assistenza anche ai familiari. Chiediamo pertanto allo Stato di moltiplicare i finanziamenti e gli investimenti sulle cure palliative e di dare piena dignità e riconoscimento ai caregiver, dando ai malati e ai sofferenti reali alternative alla tentazione di lasciarsi morire, sentendosi un peso per i propri cari». Così Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia onlus.
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