I fautori dell’eutanasia e del suicidio assistito sostengono che la libertà di vivere e morire è un valore supremo.
Quindi mai – secondo loro – sarà praticata l’eutanasia a chi non l’abbia scelta liberamente e coscientemente.
Ancora una volta torniamo a ripetere che è una folle o ipocrita illusione quella di garantire questa “vera” libertà.
Il New York Times Magazine di qualche tempo fa riporta la storia agghiacciante di Carlos Framb, poeta colombiano, che induce la madre anziana e malata al suicidio, le prepara il cocktail mortale, tenta di uccidersi anche lui, ma non riesce... dopo l’ospedale e la prigione ora lui vive felice, ma dice chiaramente che quando questa vita non gli andrà più a genio deciderà lui quando e come lasciarla.
La questione più angosciante è la descrizione lucida dell’opera di convincimento che lui fa sulla anziana donna che, davvero soffriva e piangeva, sì, ma che aveva la religione come compagnia e come conforto e considerava il suicidio come un male.
“Ho iniziato a parlare con lei. Volevo portare la mia mamma dalla sua convinzione che il suicidio è un peccato al mio punto di vista che il suicidio è un diritto sovrano che ogni persona ha”.
E ci è riuscito.
Mi viene in mente un’anziana e cara signora. Un sacco di acciacchi, per l’età, si sa, tra cui la cataratta che la rende praticamente cieca. Poi un blocco renale quasi la porta al Creatore: salvata per miracolo, si fa due mesi d’ospedale con tante complicazioni, tante umiliazioni, tanti disagi. Quante volte l’ho sentita dire “Dio, non ce la faccio più, voglio morire”... ma intanto la famiglia le è stata vicino, il tempo è passato, la salute a poco a poco si è rimessa: si è potuta operare di cataratta e – quasi novantenne – la cara vecchina è risorta: ha trascorso gli ultimi anni della sua vita davvero felice. Quando poi un giorno, all’improvviso, è morta. Ma è morta felice.
L’avessero accontentata, ogni volta che lei stessa chiedeva di morire (“Dio, non ce la faccio più”), sarebbe morta nel dolore e nella disperazione, senza quelle gioie che la vita, in ultimo, quando nessuno poteva aspettarselo, le ha riservato.
CHI può arrogarsi il diritto di decidere quando è l’ora? Chi può sapere se le gioie della vita sono davvero finite?
Redazione
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