Al festival del Cinema di Venezia 2021 si parla anche dell’aborto. Non si tratta di Unplanned, il film che recentemente sta facendo riflettere migliaia di persone in tutto il mondo sulla verità di questo orribile massacro.
Il film in questione, ambientato e girato in Francia, si intitola “L’événement” (l’evento). La protagonista è la 20enne Anne, una giovane studentessa universitaria che scopre di essere incinta nel 1963 quando in Francia l’aborto era reato e nonostante ciò vuole abortire ad ogni costo
Il messaggio controverso del film è dunque quello di associare ancora una volta l’aborto illegale alla negazione della libertà della donna. “Una scelta umanamente complessa e difficile, ma oggi praticabile senza grossi rischi per la salute. Solo che la storia di Anne va retrodatata un tantino, giusto quei cinquant’anni fa, nel 1963, in piena epoca conservatrice” queste le parole riportate da “Il Fatto Quotidiano”.
Ancora una volta, dunque, i cosiddetti “pro-choice” negano che in realtà i soggetti in questione siano due: la madre e il figlio. Quest’ultimo, nell’ipocrisia abortista, non esiste. Cancellando l’esistenza del concepito e riducendolo a “grumo di cellule” si nega la sua umanità, che è ciò di cui viene privato tramite l’aborto.
Nel film, la protagonista Anne ritiene che portando avanti la sua gravidanza non possa inseguire il sogno di diventare scrittrice o insegnante. L’inizio di una nuova vita viene visto come una minaccia per il suo futuro. Come se i bambini fossero un ostacolo ai sogni degli adulti e quindi per questo vada negata la loro esistenza. Un gesto di inaudita crudeltà, nonché un grande inganno per le donne alle quali ancora una volta, l’aborto, viene spacciato per “diritto umano”.
Un inganno che tenta di inculcare loro la convinzione che quello non è il loro figlio, bensì il famoso “grumo di cellule”. Eppure, quello che spesso omettono gli abortisti è che in quelle cellule che spesso paragonano a un parassita, o addirittura a un tumore, è contenuto il DNA di un individuo unico e irripetibile. Sopprimere quel “grumo di cellule” significa negare l’esistenza a un nuovo essere umano.
Le descrizioni del film, inoltre, definiscono la condizione della protagonista avvolta da un senso di terrore e isolamento psicologico, dunque si pone l’accento non sulla vita del nascituro, ma su una situazione a prescindere terribile e da evitare a tutti i costi.
Senza dubbio, la povera Anne viveva in una condizione di isolamento sociale e di mancato supporto da parte degli amici e in un periodo difficilmente paragonabile a quello attuale, ma si parla anche di un netto miglioramento delle condizioni sanitarie in cui l’aborto avverrebbe in totale sicurezza. Eppure di che sicurezza parliamo quando il concepito si trova condannato a morte con la controversa accusa di “non essere ancora nato”?
Sarebbe utile proporre a tutti coloro che hanno visto questo film, ma anche a chi semplicemente vuole approfondire ciò che realmente è l’aborto, di vedere anche “Unplanned”, il film sulla vera storia di Abby Jhonshon, ex dirigente di Planned Parenthood, la più grande clinica abortista americana e oggi una delle più grandi attiviste pro-life su scala internazionale. Per sapere cosa realmente è l’aborto è infatti fondamentale ascoltare entrambe le campane e avere il coraggio di guardare in faccia la verità. Altrimenti continueremo a vivere nella menzogna.