Ieri, 10 agosto, un milione di persone hanno manifestato in una trentina di città della Colombia per protestare contro la volontà del governo di imporre l’ideologia gender nelle scuole e nella società.
Riuniti sotto la sigla “Abanderados por la Familia” (Portabandieri della Famiglia), sono scesi in piazza in tutto il Paese famiglie intere, insegnanti, presidi, vescovi e sacerdoti della Chiesa Cattolica, pastori protestanti e tanti altri esponenti della società civile.
Tutti hanno chiesto le dimissioni del ministro dell’Istruzione Gina Parody, che – ovviamente con il consenso del presidente Juan Manuel Santos, lo stesso che sta favorendo i guerriglieri delle FARC – ha fatto elaborare una Guida per tutte le scuole in cui, di fatto, viene imposta l’ideologia gender ai bambini. Non è un caso, infatti, che il testo in questione sia frutto del lavoro congiunto del Ministero dell’Istruzione, dell’UNFPA, dell’UNICEF e del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo. In pratica i soliti organismi internazionali spingono la Colombia a “modernizzarsi”, senza peraltro tenere minimamente conto dell’opinione dei cittadini.
Per capire quale sia il contenuto della Guida rivolta a professori e studenti e che mette al margine i genitori, basti ricordare che in essa si dice chiaramente che maschi e femmina non si nasce, ma lo si diventa, si apprende ad esserlo: mascolinità e femminilità sarebbero dunque prodotti della costruzione culturale. Di conseguenza, occorre insegnare che non esiste un solo tipo di famiglia (quella cosiddetta tradizionale, ovvero eterosessuale), ma tanti. Non solo. In nome della tolleranza, del rispetto e dell’uguaglianza, si suggerisce anche di far indossare la gonna ai bambini o ragazzini che lo desiderino.
L’esigenza di un simile “manuale di convivenza” è stata avvertita dal governo colombiano a seguito di una ideologica sentenza della Corte Costituzionale. A seguito della morte di uno studente gay, a quanto pare aggredito per il suo orientamento sessuale, i giudici supremi hanno chiesto di proteggere i “diritti” della comunità LGBT. Sappiamo però che in Colombia negli ultimi anni ad essere in pericolo sono l’istituto della famiglia naturale, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna ed il diritto dei bambini ad avere un padre e una madre e ad essere educati rispettando i principi in cui credono i genitori. L’introduzione dello pseudo-matrimonio omosessuale, dell’adozione per le coppie dello stesso sesso e ora l’imposizione dell’ideologia gender (per non parlare dell’aborto) sono tutte iniziative volte a distruggere non solo l’identità di un popolo, ma della stessa persona umana.
Protestare contro simili provvedimenti non significa certo essere omofobi. Ognuno nella vita privata può fare ciò che vuole. E va altresì rifiutata ogni forma di violenza contro qualcuno solo perché ha un orientamento sessuale diverso. Ma un conto è questo. Altro è restare passivi di fronte all’indottrinamento del totalitarismo arcobaleno.
Il milione di persone sceso in piazza in tutta la Colombia (cui devono certamente essere aggiunti tanti altri) sta a dimostrare che qui non si tratta di difendere una posizione politica o religiosa, né di discriminare alcunché, quanto piuttosto di lottare perché venga protetta e garantita la dignità umana nella sua essenza.
Federico Catani
Fonte: El Heraldo