È possibile avere tre cuori? Gli unici che a questa domanda potevano rispondervi di sì erano seppie, polpi o calamari. Almeno fino a qualche giorno fa. Ora esiste un essere umano che ha compiuto un’impresa o forse quasi un miracolo. D’altra parte, moltiplicare un cuore dimezzato fino a triplicarlo è davvero troppo somigliante a un prodigio provvidenziale per non chiamarlo appunto miracolo. E con la sua autrice oggi si può parlare, la si può ascoltare. Si chiama Ylenia Mellaro, romana di 36 anni, affetta fin dalla nascita da un difetto congenito detto “cuore univentricolare”.
Il cuore di Ylenia, cioè, è privo fin dalla nascita del ventricolo destro, ossia quella parte del muscolo che serve per spingere verso i polmoni il sangue che è necessario ossigenare. Un problema serio, oggi parzialmente risolvibile grazie ai passi avanti della chirurgia e all’efficienza di ospedali come il Bambin Gesù, che ha in cura Ylenia fin dalla sua venuta al mondo. Dall’età di 4 anni Ylenia ha la circolazione sanguigna organizzata in modo alternativo, un modo che le consente di vivere normalmente, ma sottopone il suo corpo a un oggettivo superlavoro e la costringe a terapie costanti e a frequenti controlli. Ci sono tante cose che non si possono fare con un problema del genere, Ylenia ne racconta alcune nelle interviste che ha rilasciato: da bambina le erano preclusi gli sport più semplici, ad esempio. Raggiunta l’età matura, poi, una cosa soprattutto era tabù per lei: la gravidanza. Parola di specialisti, «anche di alto livello», tiene a precisare.
Tutto il processo gestazionale, è ben noto, rappresenta un piccolo e meraviglioso sconvolgimento nel corpo femminile, chiamato a operare quel miracolo (ebbene sì, di nuovo) in cui un organismo solo si organizza per mantenerne in vita due. Chiaramente in tutto questo il cuore è chiamato a sopportare un lavoro significativo, ed ecco il motivo per cui a Ylenia è stato detto subito di lasciar perdere, di abituarsi a sopire ogni istinto di maternità. Troppo pericoloso, per lei e per l’eventuale nascituro. Insomma si è trovata nella condizione ideale di ogni donna che sposi il modello femminista sedicente indipendente, fanaticamente sostenitrice dell’aborto sempre e comunque, votata alla carriera, al consumo e all’edonismo scambiati e spacciati all’esterno come emancipazione. Poter non essere “schiave” di un marito e dei figli per potersi sottomettere a un intero sistema economico o, più nel particolare, a un capufficio o alla moda del momento: vuoi mettere?
Ylenia però non è di quell’implacata, orrida idea. La sua carriera l’ha fatta, è un ottico, ha il suo lavoro, ha un compagno e un motto molto sensato: «o si fa bene, o non si fa», che dichiara di seguire con spiccata femminile determinazione. Quando resta incinta, non la sfiora minimamente l’idea di interrompere la gravidanza. C’è di mezzo la sua stessa sopravvivenza, lo sa, ma qualcosa di profondo e fondativo premeva dentro: la sua mamma era infatti volata via poco tempo prima ed è umanamente impossibile, oltre che sublimamente spirituale, non sentire il bisogno di colmare il fossato creatosi nella continuità affettiva, di riconnettere la linea di anima e sangue prematuramente spezzata. Quando il test ha indicato risultato positivo, dunque, Ylenia, pur sgomenta, sente che vuole, sente che deve, dunque decide.
Certo i miracoli spesso avvengono anche grazie all’ausilio di qualche angelo. Ad esempio la cardiologa di Ylenia: quando la giovane la informa della gravidanza, non le intima di abortire subito, di liberarsi di quel pericolo e di godersi a sua vita insieme al compagno. «Faremo tutto. Faremo anche questo, non ti preoccupare», le dice. E così accade, anche grazie ad altri angeli, quelli del Policlinico Gemelli che prendono in carico casi complicati come quello di Ylenia e sostengono la genesi del prodigio, che si conclude con un parto cesareo gemellare. Primo e unico caso in Italia per una donna con una cardiopatia del genere e quarto caso nel mondo. Quel mondo a cui vengono i piccoli Flavio e Giulia, 1,4 chili di salute ciascuno, portando con sé i propri due cuoricini nuovi di zecca, pronti a riempire la parte mancante di quello di mamma.
Da mezzo cuore a tre cuori interi. Anzi quattro perché, sebbene le cronache non ne parlino, a proteggere Ylenia ci sono sicuramente anche le grandi e forti ali di un uomo, compagno e ora padre. Decisioni come quelle compiute da Ylenia sono umanissime, proprio per la loro apparente irrazionalità, e niente più di questo manda ai matti chi vive nella fede che un codice di programmazione, un’intelligenza artificiale, una carriera sfolgorante a cui sacrificare ogni lato della propria essenza umana, siano il non-plus-ultra dell’esistenza, nonché l’unico modo per andare oltre ai confini che delimitano il dominio della natura.
Quando in realtà per riuscirci, oggi come mille anni fa, bastano semplicemente una mamma, un papà e dei figli. Basta, insomma, una famiglia.