I bambini si ricordano del momento della nascita?
Per molti la risposta sarebbe negativa, o quantomeno di perplessità: il momento del parto è visto come esclusivamente della donna.
Ma se ci soffermiamo a pensare che i bambini sono persone, sentono il dolore ecc., non sarà difficile credere che nel momento del parto sono protagonisti attivi.
Ci facciamo guidare in questo tema poco conosciuto dal blog Il parto positivo: «Ci sono tante teorie su se e come i bambini ricordino la loro nascita. Visto che per i primi due-tre anni di vita i bimbi non possono raccontarci con parole loro quello che sentono, ricordano e sperano, ci dobbiamo fidare delle loro espressioni e dei loro comportamenti. Ma i piccoli hanno molto meno controllo di noi anche su questi, quindi studiare sistematicamente l’ipotesi che i bambini ricordino la nascita diventa molto difficile. Bisogna basarsi su aneddoti, osservazioni, supposizioni. Ognuno può farsi la propria idea su queste teorie e, almeno per il momento, non c’è un modo esatto per esculdere con certezza né la loro veridicità né la loro fallacia. Quello che è certo è che, da adulti, non ci rimangono ricordi coscienti né del parto né dei primi tre anni di vita. Però alcune cose le sappiamo. Sappiamo che il bambino, già in utero, è un piccolo essere umano, con la sua esperienza della vita e le sue memorie. Quindi come un essere umano va trattato».
Alla luce di questo, è bene anche provare a fare un passo oltre, quando si parla di parto: oltre a domandarsi cosa sia meglio per la donna (parto naturale, dolce, in acqua, epidurale, taglio cesareo...) sarebbe interessante integrare la visione domandandosi anche cosa sia meglio per il nascituro.
Tre sono gli assunti fondamentali, sul tema in questione.
1. I bambini percepiscono e ricordano
Rispetto alla percezione, «già in utero il bambino reagisce alla luce, al tatto, al dolore. Sente i suoni del mondo esterno». Ma, oltre a questo, i bambini ricordano: quello che la mamma fa in maniera ripetitiva dopo la 20esima settimana di gravidanza (ascoltare una canzone, ripetere qualcosa a voce alta, ma anche mangiare determinati elementi...) farà parte del bagaglio del neonato.
«Come facciamo a saperlo? Già dagli anni Settanta si usa la tecnica chiamata High Amplitude Sucking Procedure, un nome pomposo per dire che si misura quanto e come ciuccia il pupo. Per farla breve, se il pupo ciuccia velocemente e con grinta, vuol dire che è particolarmente interessato dallo stimolo che gli presentiamo».
2. I bambini imparano dall’esperienza della mamma
Quello che la mamma vive durante la gravidanza, sia dal punto di vista fisico, sia da quello psicologico, passa anche al bambino. Per esempio, il fatto che la mamma abbia vissuto un’esperienza traumatica che le ha generato stress e la ha fatto abbassare il cortisolo, è stata riscontrata nei bambini, che presentavano anch’essi un livello di cortisolo molto basso.
«Quindi, in un certo senso, il bambino impara dall’esperieza della madre. Se guardiamo a questi eventi da un punto di vista evoluzionistico, la cosa non dovrebbe sorprenderci: se un bambino nasce in un ambiente in cui i pericoli sono molti, sarà un enorme vantaggio essere particolarmente reattivi a ogni indizio di pericolo». In un certo senso, durante la gravidanza il bambino si prepara a sopravvivere nel mondo che lo aspetterà.
3. La memoria a lungo termine funziona
È vero che dei primi anni di vita ricordiamo poco, e se lo ricordiamo è più per l’influenza delle foto che abbiamo visto, piuttosto che per altro. Ma non esiste solo questo tipo di memoria: la memoria procedurale, per esempio, della quale non siamo pienamente coscienti, funziona fin dalla nascita e si rinforza con la ripetizione. Questa memoria “nascosta”, della quale siamo poco consapevoli, ci influenza nella quotidianità: informa il nostro modo di essere, di comportarci... Di questo va tenuto conto anche per il momento del parto: non è certamente un episodio che i bambini possono ricordare in maniera cosciente, ma rimane dentro di noi.
Concludendo, dunque, più il parto diventa un “ballo a due” (o, spesso, “a tre”, perché anche il papà gioca un ruolo fondamentale) e più sarà un’esperienza positiva: per la mamma, ma anche per il bambino.
Teresa Moro