Ci si abitua a tutto. Anche al peggiore dei mali. Anche all’infanticidio.
Michael Cook, di BioEdge, si chiede come mai il Journal of Medical Ethics riporta dei dati che fanno credere che il famigerato Protocollo di Groningen non venga applicato quasi mai.
In base a tale Protocollo, infatti, i medici dal 2004 hanno il potere di somministrare un’iniezione letale per uccidere i bambini da 0 a 1 anno, quando ritengono che li attenda una vita piena di sofferenze insopportabili.
Pare che tra il 1997 e il 2004 si fossero presentati 22 casi (di spina bifida) che avrebbero richiesto l’approvazione del protocollo. Dal 2007 al 2010, invece, l’iniezione letale è stata praticata solo ad un bambino che è stato ucciso per una rara malattia della pelle.
Allora perché tanta urgenza – a suo tempo – per approvare il Protocollo di Groningen? E come mai i casi di bambini tanto sofferenti sono praticamente scomparsi?
Uno dei motivi – secondo l’articolo citato – è che il problema si previene all’origine. Il ricorso all’aborto terapeutico, tardivo, impedisce la nascita di bambini Down e di bambini affetti da malformazioni (anche lievi).
Prevenire è meglio che curare, si dice: prima si ammazza il malato, prima si risolve il problema che egli possa presentare.
Ma c’è un altro motivo, per cui il ricorso al Protocollo non è necessario.
I dottori hanno ormai acquisito una percezione così “raffinata” su cosa significhi porre fine a una vita umana che – in pratica – falsificano i loro referti:
In almeno due casi i dottori hanno sedato profondamente i piccoli pazienti, lasciandoli morire di fame e sete. Si trattava di “sedazione terminale” e le morti sono state registrate come morti per cause naturali.
Ci stiamo abituando a far morire i malati di fame e di sete, anche i neonati; non ci sentiamo neanche più responsabili: la morte è una cosa... naturale.
Francesca Romana Poleggi
DIFENDIAMO I BAMBINI E LA FAMIGLIA DALLA LEGGE CIRINNA’