Teresa è una donna pugliese coraggiosa che ha sentito dentro di sé a 29 anni la chiamata a diventare mamma e, contro tutto e tutti, ha trovato la forza di portare avanti una gravidanza nonostante le pressioni contrarie. Questa è la sua storia, la storia di una donna come tante che però ha deciso di dire sì alla vita.
«La mia esperienza risale a 21 anni fa. Allora – racconta - frequentavo un ragazzo di cui ero innamorata: era un bravo ragazzo, senza vizi, di famiglia borghese. Lo avevo presentato in famiglia come mio fidanzato e sognavo di sposarlo. Dopo circa 2 anni di frequentazione quotidiana, andò a lavorare al nord Italia. Seguirono anni di crisi che ci vedevano lasciarci e riprenderci. E, tra alti e bassi, concepimmo un figlio. Io ne ero felice ma quando glielo confessai scoprii l’amara verità: lui voleva che abortissi. Mi disse: ‘Se abortirai ci sarò, se invece partorirai non ci sarò’. Non solo lui: anche la mia famiglia, scoperto che ero in attesa, mi chiedeva di abortire. A quel punto seppi di essere sola».
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Lui in quel periodo non si sentiva pronto ad avere un figlio, non si sentiva sicuro nemmeno di continuare la relazione. Lei, invece, non aveva alcun dubbio: voleva suo figlio e non intendeva assolutamente “ucciderlo”. Così si mise a cercare una soluzione: «Mi portarono a firmare dal ginecologo la mia richiesta di aborto ma, nonostante la firma, il ginecologo mi disse delle parole fantastiche: ‘se vuoi puoi non farlo!’, comprendendo appieno la mia sofferenza e dandomi una via d'uscita possibile. Decisi allora di trovare aiuto in una casa famiglia del Movimento per la vita. Rimasi lì per una decina di giorni, lo spazio di tempo sufficiente per raggiungere i tre mesi di gravidanza, termine ultimo dopo il quale non si può più abortire. Per me quel periodo è stato molto sereno: in questa casa famiglia si pregava molto, ho riscoperto anche la fede. Pensate che avevo anche dimenticato come si diceva l’Ave Maria e il Padre Nostro…e lì ho riscoperto il rosario quotidiano. Per me è stata una bella esperienza, ho sperimentato una grande pace».
Dopo quel periodo Teresa decise di tornare in famiglia, la mano tesa arrivò dal papà, il nonno del piccolo: «I miei genitori erano separati. Mamma, nonna e mio fratello, con i quali vivevo, non avevano accettato la mia scelta. Invece mio padre aveva deciso di accogliere me e mio figlio e per questo decisi di stare con lui. Non ci sono rimasta molto in realtà perché trovai presto una mia indipendenza economica, con un lavoro più stabile».
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Quando poi nacque Michelangelo, la famiglia si riavvicinò pian piano: «Grazie a Dio ho avuto un parto naturale che è andato bene. A quel punto la mia famiglia mi comprese: piano piano i miei genitori si affezionarono al bambino, qualcuno dei miei fratelli anche e oggi mi stanno aiutando».
Per quanto riguarda il papà del bambino, ormai ragazzo, non ci sono novità positive: «Mio figlio ne ha sofferto da piccolo, poi piano piano ha cercato di superare la mancanza. Ha visto il papà l’ultima volta il giorno della Cresima a 12 anni: c’era stato anche lo scambio dei numeri di telefono ma poi non si sono più sentiti, il padre non si è più fatto vivo».
Uno scoglio difficile da superare ma Teresa, mamma tenace, ha dato tutta se stessa al bambino senza pentirsi e anzi, la sua speranza, oggi, è che questa sua storia possa aiutare tante ragazze e donne in difficoltà: «Per me è stata un’esperienza difficile: essere rifiutata dall’uomo con cui ho concepito il bambino prima, e dalla mia famiglia poi, è stato pesantissimo. Ma le donne che si trovano in una situazione simile alla mia vorrei che fossero aiutate veramente a fare una scelta consapevole, non condizionata dai problemi economici o sociali, che molto spesso influiscono sulle scelte. Il pregiudizio, la paura del giudizio, la solitudine…sono tante le questioni che fanno sì che la gravidanza oggi venga vista come un problema. Io invece voglio dirvi che si può, si può dare la possibilità di accogliere e vivere con serenità, pace e gioia questa bellissima e importante scelta».
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