Una storia di aborto, delle sue conseguenze, ma anche di Vita e coraggio. E’ la testimonianza di Irene, che è stata lasciata sola nel momento più difficile, finendo per abortire. Una storia che ha raccontato durante la Manifestazione Nazionale “Scegliamo la Vita” dello scorso 20 maggio 2023 a Roma. Ve la riproponiamo qui di seguito.
ABORTO: LO STATO DIA ALTERNATIVE CONCRETE ALLE DONNE! - FIRMA QUI!
Mi fa molto piacere essere qua a parlare con voi di una parte della mia vita molto delicata. Come ho voluto fare, per la prima volta, un mesetto fa a Macerata dove un collettivo studentesco ha tentato di impedire un convegno organizzato da Pro Vita & famiglia e dal Cav, in occasione della Giornata della salute della donna. Impedire di parlare è un modo sano di affrontare tematiche simili?
Oggi voglio dare voce a tante donne silenziate.
Ho dovuto prendere la drastica, malsana, affrettata, decisione esattamente in questo periodo.
Non avrei mai immaginato di poter parlarne di fronte a così tante persone che celebrano la vita. Io sono qui però per parlarvi di una vita che non c’è più. Può sembrare un controsenso ma non lo è.
Sono qui perché questa angoscia non se la merita nessuna donna. Perché mi rivolgo soprattutto a chi vorrebbe convincerci che l’aborto sia la soluzione, un rimedio. Un “taglia e cuci” immediato e poi si ritorna alla vita di sempre. Sono qui perché ho provato sulla mia pelle che non è così.
Sono rimasta incinta quando vivevo in Germania. Ero lì per l’erasmus, un periodo di formazione. Io ricordo quelli che dicevano: “partono in erasmus e tornano incinte”. Quando sono rimasta incinta mi sono ritrovata tra “quelle che tornano incinta”. Mi sono subito sentita “in colpa”, in colpa come madre non adatta alla maternità. Cosa si sarebbe detto di me? Della mia famiglia?
In realtà ricordo che a 21 anni, quando ero fidanzata, sognavo una famiglia, ma era troppo presto. Ed ora? Ero lontana da casa e seriamente invaghita di questo ragazzo: era, anzi è un bel ragazzo, alto, biondo, tedesco e polacco. Spesso immagino come sarebbe stato nostro figlio, non sarebbe stato frutto di un amore adulto, ma lo sarebbe stato per me. Mi sarebbe bastato.
Ho rifiutato per un po’ l’idea di essere incinta e ho fatto le visite molto tardi: ho dovuto prendere la decisione di abortire troppo velocemente. Non avevo intenzione di interrompere la gravidanza, ma l’ansia, la paura, la poca assistenza mi ha portato in quella sala operatoria. Senza alternative concrete. Ero giovane, single. Senza alcun aiuto: non sapevo cosa e come fare.
L’aborto, la soluzione che tutti mi hanno proposto come più facile e più sicura. Non l’ho raccontato a molti, tanta la vergogna di essere incinta. In realtà ho parlato con la psicologa dell’ospedale che aveva anche capito che non volevo abortire, ma non mi ha dato alternative valide, concrete quanto l’aborto.
Non avevo sul piatto alcun aiuto concreto, ma solo problemi. Tra questi problemi mi sono anche chiesta: ma poi troverei uno disposto a stare con me anche con un bambino? E all’università? Al lavoro? Cosa farò? Rimarrò per sempre un peso per la mia famiglia? Resterò sola? E ho creduto a tutte le bugie sentite.
Ovviamente per fare questa “cosa” ero tornata in Italia e stavo a casa. In tv giravano gli spot sulla Festa della Mamma. Potete immaginare i pensieri che mi assalivano? A me sarebbe piaciuto accogliere quella vita, ma tutti mi ricordavano che mi avrebbe impedito la felicità.
Ma perché nessuno mi ha detto che un bambino non ti impedisce niente? Non è un freno. O se mai lo fosse, frenerebbe solo cose inutili, superficiali che potrebbero anche portare a qualcosa di negativo. Purtroppo, solo ora a posteriori mi rendo conto. Conoscendomi, avrei proseguito a testa alta.
La sala di attesa sembrava una camera mortuaria, o forse lo era. Ho scritto a quel ragazzo un messaggio. Gli ho chiesto in sala d’attesa cosa avrebbe pensato se «quel giorno fossi rimassi incinta». Mi ha risposto «I don’t know». Quella creatura era diventata parte di me, la sentivo. Perché negarlo? Eravamo due vite in una.
Se qualcuno avesse insistito, se fosse stato permesso l’intervento di qualcuno per parlare con me, con i miei cari, per rasserenarci tutti, per stare al nostro fianco, non soli con le nostre paure, forse ora sarebbe diverso.
Se i cosiddetti medici che agiscono “a favore delle donne” sono quelli come quello che ho incontrato io, ho qualcosa da ridire. Sono stata presa in giro e sbeffeggiata nel momento in cui stava “operando”. Sono questi i medici che vogliono e che preferiscono? Sono loro che vogliono tenerci lontane le persone, come voi, che vogliono aiutarci, darci concretamene la possibilità di pensarci libere di essere mamme?
La cosa che mi ha fatto più male è stata che, nonostante la mia storia, in quel momento di paura, angoscia e di spinte solo in una direzione, ho creduto a tutte le bugie. E abortito.
Io sono adottata da quasi neonata, perché chi mi ha generata mi ha voluto dare a qualcosa di meglio, che forse lei non poteva darmi. Ecco la mia domanda è, in poche parole: lupi mascherati da finte pecore, quelli che si rivolgono alle donne pur avendo come obiettivo quello di cancellare la donna e l’energia vitale che sprigiona, ecco, secondo queste persone, io dovevo essere abortita?
Ringrazio chi mi ha messo al mondo, ringrazio per avermi portata in grembo, custodita fino al parto e non avermi tolta di mezzo.
La ringrazio e mi scuso anche con lei per non aver avuto la stessa forza. Mi scuso con me stessa, con Dio. Questa donna mi ha portata al mondo due volte. Sono stata affidata alle cure delle sorelle dell’orfanotrofio per arrivare alla mia famiglia, ai miei genitori. Negli anni ho provato a convincermi anche io che non fosse una “vita”, ma come lo vuoi chiamare? Non prova dolore al bambino dicono. Questo non lo so, ma provo io dolore. Sono caduta molte volte anche a causa di questa mia esperienza dolorosa. Il mio post-aborto è stato molto problematico, in cui padroneggiavano atteggiamenti e pensieri autodistruttivi. Una slavina ha provocato una valanga.
Credo fortemente al valore della famiglia, struttura portante della nostra società: i miei genitori sono stati degli angeli che hanno accompagnato questo processo di ritorno dall’inferno. Mi hanno salvata due volte.
Perché, dunque, sono qui? Perché tramite il mio dolore forse potrò aiutare altre ragazze, chissà, a non farsi ingannare dalle bugie che hanno ingannato me. O alcune donne ferite dall’aborto a non aggiungere al dolore il dolore di dover nascondere questo dolore. Per chiedere allo Stato, a gran voce, che nessuna altra ragazza sia costretta ad abortire, come me, per mancanza di alternative valide.