«Immagina una città meno affollata, fai la tua parte... sterilizzati!». Una frase evidentemente delirante. Eppure è proprio questo slogan, quello che si son trovati davanti in questi giorni migliaia e migliaia di londinesi. Qualcuno ha avuto infatti la bella idea di affiggere dei giganteschi cartelloni azzurri recanti questa scritta nella capitale del Regno Unito. Manifesti che non recano, almeno in evidenza, alcuna matrice ma che contengono, evidentemente, un messaggio demograficamente suicida. Demograficamente suicida, ma non nuovo.
E’ infatti difficile, dinnanzi a quell’invito macabro - «sterilizzati!» -, non ripensare al famigerato Cisa, acronimo che stava per Centro d'informazione sulla sterilizzazione e sull'aborto, una realtà fondata a Milano, nel lontano 1973, tra gli altri da Emma Bonino, Adele Faccio, Luigi De Marchi e Maria Adelaide Aglietta con lo scopo di fornire informazione e assistenza su contraccezione, aborto e sterilizzazione. Eh, già: perché prima dell’aborto di Stato, i militanti radicali questo proponevano nelle loro “campagne culturali”: la sterilizzazione volontaria.
Un’impresa, quella del Cisa, che oggi viene spacciata come «disobbedienza civile», ma che allora ebbe non pochi risvolti penali. Ma non divaghiamo e torniamo a quel «sterilizzati!» di cui dicevamo e che, in questi giorni, parecchi londinesi si sono trovati a leggere su giganteschi manifesti azzurri.
Sì, perché c’è una precisazione di non poco conto che – in aggiunta a quanto detto – merita di essere effettuata sempre con riferimento a quei cartelloni. Riguarda i bambini che, sia pure stilizzati, sono rappresentati nei manifesti: sono tutti bambini bianchi. Un dettaglio molto curioso, in una società come quella anglosassone ampiamente multietnica e dove quelli storicamente inglesi di pelle bianca, già oggi, sono percentualmente fermi al 41%.
Quell’«Immagina una città meno affollata, fai la tua parte...sterilizzati!» ha insomma non solo un sapore tristemente suicida, ma suicida con esplicito riferimento alla comunità storicamente inglese. Il tutto condito, come si è visto, con un pretesto che oscilla tra il comico e l’assurdo: «Immagina una città meno affollata». Come se le culle vuote fossero un’alternativa al traffico, ai parcheggi che non si trovano, alle colonne al semaforo. Semplicemente grottesco.
Almeno, quanti credevano alla bufala del sovrappopolamento globale cercavano in qualche modo di ammantare di plausibilità scientifica il loro grido dall’allarme. Del resto, dalla loro avevano autori come Paul Herlich, per esempio, il quale non era un analfabeta farneticante bensì un biologo già docente alla prestigiosa Stanford University, quando diede alle stampe The Population Bomb (1968), saggio in cui sosteneva che «la battaglia per nutrire tutta l’umanità è persa» prospettando scenari di carestia e prevedendo «nel 2000 l’Inghilterra non esisterà più», così come l’India.
Ma siamo nel 2019 e sia l’Inghilterra sia l’India - è arrivato a notare ironicamente, udite udite, persino l’ultraprogressista New York Times, ci sono ancora. E sono al loro posto. Purtroppo c’è ancora anche l’ideologia antinatalista che, come abbiamo visto, non esita a proporre argomenti assurdi – come quello dell’affollamento cittadino – pur di accreditare non soltanto tesi neomalthusiane, che farebbero già ridere così, ma pure la necessità di procedere in massa alla sterilizzazione. Deliri, lo si ripete. Ma già il fatto che qualcuno osi proporli, con tanto di apposita, gigantesca cartellonistica, dovrebbe far pensare sul tempo bizzarro che ci troviamo, tutti quanti, oggi a vivere.
di Giuliano Guzzo