«L’Università di Macerata, con la solita scusa di combattere le discriminazioni, porta avanti l’agenda Lgbtqia+ promuovendo la pericolosa e illegale carriera alias e la pubblicazione di linee guida per l’uso del genere nel linguaggio accademico e amministrativo. Una serie di iniziative per il cosiddetto “Pride Month” di giugno che rischiano così di cancellare le naturali differenze tra uomini e donne, ma soprattutto portano avanti una cultura dell’appiattimento e della fluidità sessuale, in particolare tra i giovani, che potendo assumere un’identità provvisoria anche solo per aver iniziato - ma non concluso - un percorso di transizione di genere, rischiano di cadere nell’inganno ideologico che si possa davvero “nascere nel corpo sbagliato”. Notiamo inoltre con grande stupore e perplessità l’enfasi e il clamore dato all’iniziativa: non si capisce perché si promuova la vera e propria imposizione di un “codice linguistico” a cui docenti e personale universitario si dovrebbero adeguare. Dove è finita la libertà di opinione? Rifiutarsi di aderire a questo stile comunicativo significherà essere etichettati come omofobi e forse addirittura perseguiti dal punto di vista disciplinare? I vertici della stessa Università, però, oltre un anno fa negarono a noi di Pro Vita & Famiglia di tenere un convegno scientifico sul tema della gravidanza, dopo aver subìto forti pressioni da gruppi femministi, gli stessi che poi si introdussero nella Biblioteca Statale di Macerata, occupandola, per impedire lo svolgimento del Convegno “Maternità In-Attesa. Preservare la salute della donna in gravidanza” organizzato da Pro Vita & Famiglia con la Regione Marche e solo l’intervento della Digos permise il suo corretto svolgimento».
Così Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia onlus