In occasione della Manifestazione Nazionale “Scegliamo la Vita” di sabato prossimo, 20 maggio a Roma, abbiamo intervistato Enrica Perucchietti, giornalista e scrittrice, da sempre in prima linea sui temi pro life e pro family. Fisicamente non potrà essere a Roma per impegni lavorativi presso il Salone del Libro di Torino, come ci ha spiegato, ma ci tiene a invitare chi può ad una partecipazione ampia e collettiva.
Pensiamo aborto e suicidio assistito ed eutanasia: la società di oggi non insegna abbastanza a difenderla anzi spinge per una cultura della morte. È d'accordo che è così? Ed è d'accordo con questa deriva?
«Negli ultimi anni si sta abbracciando sempre più una cultura della morte, sebbene la morte in sé sia diventata un tabù, come il triennio pandemico ha dimostrato, spalancando le porte al biopotere. Se i media e la politica stanno illudendo il popolo di poter essere libero nell’autodeterminarsi (diritto all’eutanasia, aborto, utero in affitto, ecc.), dall’altra impediscono o addirittura osteggiano con violenza altre libertà in campo medico quali cure alternative, libertà vaccinale, ecc., arrivando persino ad attaccare coloro che difendono la vita e che criticano, per esempio, pratiche barbariche e illegali come la maternità surrogata. Lo slogan “il corpo è mio e me lo gestisco io” è un mantra che viene usato a corrente alternata, a seconda della convenienza e degli interessi politici. Dietro questa doppia morale si stagliano gli interessi di Big Pharma, la mercificazione della vita per cui ormai tutto è diventato un prodotto che si può vendere e comprare, persino i neonati, la propaganda e la manipolazione mediatica. La cultura della vita è, paradossalmente, sempre più osteggiata perché permetterebbe all’uomo di vivere davvero libero e in equilibrio con se stesso e con la natura».
Cosa dovrebbero invece fare la società, le istituzioni per indirizzare i giovani nei valori?
«I valori, come le identità, sono scomodi per il Sistema perché danno forza all’individuo e gli permettono di avere una bussola morale da seguire anche nei momenti bui. Per questo vengono boicottati, in un processo di liquefazione sociale. Stiamo assistendo, negli ultimi anni, a una vera e propria rivoluzione antropologica. Tutto viene messo in discussione, a partire dal concetto stesso di essere umano: si vuole abbracciare la visione del postumanesimo che permette lo smantellamento di quei dualismi, identità e confini quali organismo/macchina, fisico/non fisico, tecnologia/sé. Il postumanesimo inaugura, infatti, una prospettiva volta a ridefinire l’umano in senso plastico, dinamico, relazionale, persino ibridativo: l’Uomo viene considerato come un costrutto storico che può essere modificato. E che, anzi, va potenziato, migliorato, ibridato e liberato dalle leggi biologiche che lo rendono una creatura incompleta e limitata, sottoposta suo malgrado alla Natura. L’Uomo si fa dio e decide di sovvertire le leggi biologiche che lo limitano. Quando, citando Oswald Spengler, la tecnica diventa il mezzo per la «liberazione dalla costrizione della specie», l’Uomo compie quell’atto di hybris volto a superare i limiti della propria specie e a porsi come unico creatore del proprio futuro. Questo processo dovrebbe essere ostacolato e anzi, a mio parere, invertito, ma ciò non sarà possibile finché si continuerà a considerare la tecnologia e la cultura della morte come valori primari e a permettere, per esempio, pratiche eugenetiche, trincerandosi dietro la parola “progresso”».
È importante prendere parte all’evento? Perché?
«È importante testimoniare con coerenza, con azioni e parole, la propria visione del mondo e manifestare il proprio dissenso quando le istituzioni abbracciano derive che possono essere pericolose per la collettività. Pensiamo che la bioetica ormai supporta l’Etica della Qualità della Vita che, portata alle sue logiche conseguenze (il caso di Peter Singer su tutti), giustifica l’aborto anche dopo i tre mesi, l’infanticidio per motivi eugenetici (patologie particolari come l’emofilia o disabilità del neonato), eutanasia, sperimentazione sui cerebrolesi, sistema sanitario privato, ecc. Prevede la fecondazione assistita, l’utero in affitto, la clonazione, la creazione di chimere, gli xenotrapianti, gli ogm, la maternità a tutte le età (anche dopo i 65 anni). E, perché no, anche l’amore tra uomini e animali. Proprio Peter Singer si è detto convinto che nei prossimi anni l’etica e la visione tradizionale dell’uomo cambieranno radicalmente, offrendo un sistema culturale e tecnologico a sostegno di un miglioramento della qualità della vita: «Potrebbe accadere che solo dei superstiti, un gruppo di irriducibili fondamentalisti ignoranti difenderà l’idea che ogni vita umana, dal concepimento alla morte, sia sacrosanta». Gli altri potranno stabilire liberamente i criteri «per decidere chi dovrebbe essere ucciso». Senza quel senso di colpa che attanaglia l’uomo moderno erede del pensiero giudaico-cristiano. Singer prevede anche un mondo in cui, in nome del progresso e dell’evoluzione, la società è stata convinta ad accettare la “selezione” genetica dei nascituri. Ecco, quel momento di cui parla Singer è arrivato, sta proseguendo a una velocità impazzita ed è bene lottare contro tale deriva distopica che sta riportando l’eugenetica, sta legittimando abomini e pratiche barbariche nel nome del “progresso”».