Non temi etici ma essenziali. Non questioni di fede ma di ragione. Ripudiare l’”opzione Barbara D’Urso” ed impegnarsi in una resistenza culturale. Lotta contro l’aborto, difendere la famiglia naturale e tradizionale, riconoscere e valorizzare i distinti ruoli della madre e del padre, combattere la pedofilia, essere contrari ad ogni forma di unione civile per omosessuali. In altre parole: essere sempre e comunque dalla parte del più debole.
Ieri sera Mario Adinolfi è intervenuto in una serata a Trento organizzata dal Coordinamento Famiglie Trentine e da Notizie Provita in una più che gremita sala dell’Istituto Salesiani, presentando il suo libro “Voglio la mamma”. Parla ed esige fare tutto ciò da uomo di sinistra e rivendicando la sua appartenenza a questa comunità politica, semplicemente perché la sinistra di queste cose non parla, non prende posizione ma è soggiogata ad una ristretta minoranza chiassosa e violenza che aggredisce tutte le persone che osano rompere il tabù dei cosiddetti falsi miti del progresso.
La sinistra deve intraprendere questo percorso come i cattolici devono prendersi l’impegno di cercare contaminazioni all’esterno delle loro cerchie: in caso contrario la battaglia è persa a prescindere.
Il ganglio centrale del ragionamento di Adinolfi passa dal dualismo tra diritto e desiderio: la politica deve rivendicare il proprio ruolo decisionale che altrimenti viene occupato da altre forze, meno controllabili e per nulla rappresentative della volontà della cittadinanza.
La questione di fondo è l’analisi delle priorità: la vita deve essere messa al primo posto senza accontentarsi della riduzione del danno. Si deve combattere per la Vita, sempre e comunque. Perché è una cosa bella, perché è la cosa più importante.
La minoranza chiassosa non rispecchia il sentire comune, è una forzatura che violenta il buon senso.
C’è stato spazio per una discussione sulla legge Scalfarotto, di prossima approvazione –se non la si riesce a scongiurare-, individuata da Adinolfi come la prima delle battaglie da combattere perché quando si rompono gli argini, equiparando la famiglia tradizionale ad altre forme di unione non si può decidere a che punto fermarsi. L’effetto domino è innescato, la diga morale è rotta: dalla registrazione –come nel caso di Grosseto- del matrimonio di una coppia di uomini all’anagrafe si arriverà anche all’accettazione della poligamia o delle spose bambine.
Essere vicini al più debole contro la rivoluzione antropologica in atto che vorrebbe distruggere le fondamenta dell’uomo, partendo dalla sua nicchia più intima e basilare: la famiglia.
Redazione