Per uscire dall’attuale “inverno demografico”, c’è bisogno di investire sulla Famiglia, di dare modo ai giovani di poterla formare e di sostenere i singoli nuclei, specialmente quelli più numerosi, conciliando l’equilibrio famiglia-lavoro.
Così, Vincenzo Bassi, presidente della Federazione delle Associazioni di famiglie cattoliche (Fafce), ha chiesto alle istituzioni dell’UE di impegnarsi a sostegno della natalità, leggiamo in un articolo di Vatican News: «Dobbiamo far passare il principio che le politiche famigliari non sono un costo per il paese ma un investimento per il futuro, come le infrastrutture, e considerarle come tali».
Come ignorare, infatti, le difficoltà delle famiglie, specialmente ora che siamo reduci dal lockdown e che molte di esse soffrono le conseguenze della pandemia? La critica situazione della natalità è stata, dunque, oggetto dell’attenzione dei «ministri del lavoro e delle politiche sociali di tutti gli stati membri che il 5 maggio hanno discusso dei piani di ripresa economica e delle sfide della demografia nel quadro della pandemia del coronavirus», un incontro «organizzato dalla presidenza croata del Consiglio dell'Unione europea».
Ne è emersa la necessità di garantire la conciliazione tra impegni lavorativi e familiari. Sappiamo infatti quanto bisogno ne abbiano genitori di bambini, figli di persone anziane, disabili e tante altre categorie sociali.
Il popolo in età lavorativa è diminuito e di conseguenza la spesa pubblica è crescente, per via dell’invecchiamento della popolazione. Questo risulta dal documento pubblicato sul sito della Commissione Europea, secondo il quale «entro il 2070 il 30,3% della popolazione dovrebbe avere almeno 65 anni (rispetto al 20,3% nel 2019) e il 13,2% dovrebbe avere almeno 80 anni (rispetto al 5,8% nel 2019)».
Insomma, chiedere che la Famiglia e la natalità tornino al centro delle attenzioni della politica non è una rivendicazione da banali retrogradi, ma pura saggezza di chi volge lo sguardo al domani e vuole impegnarsi per renderlo migliore.