L'OMS ha pubblicato il 9 marzo le nuove linee guida sull'aborto, riproponendo le solite narrazioni ideologiche sull’aborto legale che sarebbe sinonimo di aborto sicuro.
Calcola che oggi nel mondo ci sono 25 milioni di aborti non sicuri ogni anno, perché non vengono praticati con le metodiche raccomandate dall’Oms e la procedura non è «assistita da qualcuno con le informazioni o le competenze necessarie». Perché se fosse assistita sarebbe: «una procedura semplice ed estremamente sicura».
E sempre secondo l’Oms la metà di tutti gli aborti avviene in condizioni non sicure che causano la morte di circa 39.000 donne ogni anno (soprattutto in Asia e in Africa).
Immediatamente dopo le linee guida si contraddicono, perché promuovono l’uso della pillola abortiva e della telemedicina. Ma come, non si era detto che la procedura deve essere «assistita» da qualcuno con le competenze necessarie?
Poi l'OMS raccomanda «di rimuovere gli ostacoli politici non necessari dal punto di vista medico all'aborto sicuro», come
1) «i tempi di attesa obbligatori,
2) il requisito che l'approvazione debba essere data da altre persone» e
3) i «limiti su quando durante la gravidanza può aver luogo un aborto».
Quindi, secondo queste linee guida,
1) la madre non deve pensarci su: come se fosse male un possibile ripensamento che salverebbe al bambino la vita e risparmierebbe alla madre il trauma fisico e psichico che consegue l’aborto.
2) La decisione di abortire non può essere condivisa con il padre: «il corpo è mio», ma il figlio è anche suo. Questo non conta. E tutto sommato a una buona parte degli uomini fa molto comodo il non poter mettere bocca: è un motivo in più per lavarsene le mani e trattare le donne come oggetti sessuali usa-e-getta.
Né ai genitori è concesso interferire con l’aborto dellle minorenni. Siamo alle solite. Non si ha l’età per firmare un contratto, ma si può abortire (e “cambiare” sesso) senza che i genitori ne sappiano niente.
Ma la cosa più interessante, in relazione all’aborto “sicuro” è il punto (3): l’aborto deve essere consentito per tutta la durata della gravidanza, cioè deve essere permesso di fatto l’infanticidio. Senza contare che tutti sanno (ma evidentemente fanno finta di non sapere) che quanto più il bambino è grande tanto più la procedura è invasiva e pericolosa per la madre.
Ovviamente la preclusione ideologica che caratterizza queste linee guida non consente all’OMS di prendere atto delle conseguenze deleterie che l’aborto ha per la salute fisica e psichica della madre, né delle donne morte per aborto “legale e sicuro”. Quelle ufficiali sono qualche centinaio (e non sono poche), ma poi c’è un numero indefinito e indefinibile di donne morte a causa dell’aborto che non vengono considerate e conteggiate per la fitta coltre di omertà che la “cultura della morte” ha calato da mezzo secolo sulla questione.*
Intanto l’OMS continua la sua propaganda, ma non spiega perché, secondo i suoi stessi dati - comunque raccolti in modo fazioso - la MMR, cioè la mortalità materna (che comprende anche la mortalità per aborto, ovviamente), a parità di sviluppo del sistema sanitario, igiene, e condizioni socioculturali, è molto più alta in Paesi dove l’aborto è libero e senza limiti (come il Canada e gli Stati Uniti: MMR = 12 e 10 per centomila) piuttosto che in quei Paesi dove le leggi sull’aborto sono molto restrittive (per esempio la Polonia: MMR = 2 per centomila).
Infine, esprimiamo certamente il nostro cordoglio per le 39.000 donne morte per aborto non sicuro nel mondo (ammesso e non concesso che i dati raccolti dall’OMS siano attendibili). Ma consentiteci di sostare un istante a pensare anche ai 42.500.000 bambini morti per aborto nel 2021 (sempre secondo i dati OMS) di cui almeno la metà, 21.250.000, donne.
* Per approfondire rimandiamo i Lettori alle nostre pubblicazioni. Per esempio al numero speciale della nostra Rivista sulla RU486