08/11/2024 di Benedetto Rocchi

OPA (Terzo Rapporto): critiche siano costruttive per la tutela delle donne, l'uguaglianza e l'inclusione

Vanity Fair, il 2 novembre scorso, ha pubblicato un articolo piuttosto ingiurioso e livoroso nei confronti dell'OPA (Osservatorio Permanente sull'Aborto), che il 29 ottobre al Senato ha presentato il suo Terzo Rapporto sui costi di applicazione della legge 194/78 "Tra clandestinità e indifferenza"

I critici - evidentemente - non si sono nenache premurati di leggerlo.

Il Presidente dell'OPA, Benedetto Rocchi, ha così replicato agli abortisti.

Un confronto aperto e leale su temi di tale rilevanza sociale impatta sulla tutela della salute delle donne, sul rispetto del principio di uguaglianza e dell'inclusione.

 

Gentile direttore,

immagino sia vostra premura offrire alle vostre Lettrici e ai vostri Lettori la possibilità di una visione plurale e inclusiva rispetto agli argomenti di cui vi occupate. In questa ottica vorrei chiarire alcune affermazioni contenute nel vostro articolo del 2 novembre scorso, intitolato “Aborto: Il report annuale sulla legge 194? Gli ultimi dati sono del 2021” a firma di Alessia Ferri.

I dati OPA sono aggiornati al 2022, ultimi dati Istat disponibili

Siamo innanzitutto perfettamente d’accordo nel rimarcare il grande ritardo con cui le Relazioni ministeriali sulla legge 194/78 aggiornano i dati statistici sulle interruzioni volontarie di gravidanza. Tant’è vero che il terzo Rapporto dell'Osservatorio Permanente sull'Aborto ha preso in considerazione i dati ufficiali dell’Istat, aggiornati fino al 2022, che - come è possibile constatare consultando il datawarehouse Istat - è l’ultimo anno della serie storica attualmente disponibile.

La mission dell'OPA è informare, la politica invece fa le leggi

Quando etichettate apoditticamente come “antiscientifiche, volte a portare l’acqua al mulino di chi vorrebbe stringere le mani intorno al diritto all’interruzione volontaria di gravidanza” le informazioni che proponiamo nel nostro Rapporto, sembra non vi sia chiaro che lo scopo dell’Osservatorio non è quello di svolgere un’azione politica diretta a modificare la normativa in vigore. L’OPA si propone di mettere a disposizione dati oggettivi che possano essere spunto per un’analisi costi - benefici dell’applicazione della 194. Il che si rende necessario in adempimento al dettato dell’art. 16 della legge 194/78, proprio per ovviare alle lacune delle Relazioni prodotte dal Ministero. La politica trarrà le conseguenze che riterrà più opportune, nell’ottica del perseguimento del bene comune che dovrebbe essere lo scopo di ogni buon amministratore della cosa pubblica.

Le pillole post-coitali posso essere abortive

Per quanto riguarda la questione delle pillole postcoitali, vorrei ricordare ai lettori di Vanity Fair che persino il comunicato stampa del Ministero della Salute italiano n. 231 del 29/9/2000 affermava che esse possono impedire l’impianto dell’ovulo fecondato, quindi la vostra affermazione “si tratta di farmaci che agiscono prima che un’eventuale fecondazione avvenga” è semplicemente errata. Sul meccanismo d'azione di questi farmaci il dibattito è ancora in corso. Nel nostro Rapporto scriviamo che “almeno dal 2015 l’European Medicine Agency (EMA) è al corrente dell’incapacità di queste pillole di impedire sempre l’ovulazione e del fatto che le stesse ostacolano l’annidamento” (basta consultare il sito web dell’Agenzia per averne conferma). Citiamo anche diversi studi pubblicati su riviste scientifiche a sostegno dell’esistenza di un possibile effetto antinidatorio, cioè abortivo, per esempio, su Human Reproduction i due studi di Stratton e colleghi, del 2000 e del 2010, e quello di Brache e colleghi del 2010. Senza contare gli studi di Mozzanega (Gynecological Endocrinology, 2010) e gli altri titoli che sono analizzati nel volume “Il Dialogo Nascosto” di Giuseppe Noia, dotato a sua volta di ricca bibliografia, che è liberamente scaricabile dal nostro sito (www.osservatorioaborto.it) insieme ai nostri tre Rapporti.

La gravidanza comincia con la fecondazione

Il problema è che l'OMS, in modo ideologico e del tutto antiscientifico, indica arbitrariamente l’inizio della gravidanza nel momento dell’impianto dell’embrione in utero (foto in evidenza) e di conseguenza classifica la contraccezione di emergenza come “non abortiva”. Eppure è acclarato che l'ovulo fecondato, anche prima dell’impianto in utero, è già un minuscolo essere umano, dotato di DNA unico ed irripetibile, di autonomia biologica e di capacità di relazione: questo è un dato di fatto che anche la scienza più laica non mette più in discussione. Tra i tanti riferimenti bibliografici che proponiamo su questo punto, basti ricordare l’editoriale del novembre 2000 pubblicato sul British Medical Journal. 

L'embrione è un piccolo essere umano

La politica (la legge dello Stato) è certamente libera di considerare questi piccoli esseri umani “non persone”. Del resto fino a metà Ottocento la legge statunitense considerava i neri “non persone”: le norme umane esprimono idee umane. Ma che lo zigote sia un piccolo individuo umano è un dato scientifico che non si può negare.

Tutte le politiche hanno un costo che va calcolato

Inoltre, il Terzo Rapporto OPA non “imputa alle donne che hanno deciso di abortire” alcuna “colpa”: basterebbe averlo letto per rendersene conto. L’applicazione della 194 ha però un costo, come l’applicazione di qualsiasi altra legge. Ci sembra quanto meno curioso il fatto che nessuno abbia mai voluto calcolare detto onere per il bilancio dello Stato.Ripeto: partendo dal dato oggettivo (in questo caso il costo) starà alla politica decidere se si tratti o meno di un investimento adeguato.

Il link ABC non si può negare: nell'interesse della salute delle donne

Per quanto riguarda il legame tra aborto e cancro al seno (abortion breast cancer, ABC link), l’autrice mostra ancora una volta di non aver letto il Terzo Rapporto OPA, dove le obiezioni riportate sono già confutate punto per punto. L’unica meta-analisi citata nell’articolo di Vanity Fair presenta molti limiti per ammissione dei suoi stessi autori. Essa riguarda solo le donne nullipare che hanno abortito, e prende curiosamente in considerazione solo studi che negano un nesso causale tra aborto indotto e cancro al seno, escludendo aprioristicamente molti di quelli (ad esempio del Sud Est Asiatico) che lo evidenziano in modo inequivocabile. Noi abbiamo citato una abbondante bibliografia scientifica, con articoli pubblicati fino al 2023 (quindi anche più recenti della stessa metanalisi a cui il vostro articolo fa riferimento) che quanto meno suggeriscono una maggior cautela nel negare l’esistenza del link ABC, proprio nell’ottica della prevenzione del tumore femminile attualmente più diffuso e soprattutto nell’ottica di consentire alle donne un consenso veramente informato.

Le critiche siano costruttive e puntuali, basate su dati e fatti, nell'interesse delle donne, dell'uguaglianza e dell'inclusione

Le realtà pro choice da voi citate si limitano ad insultare in modo del tutto gratuito l’OPA e il suo operato. Non ci stupisce; ma saremmo davvero lieti se producessero anche una documentazione circostanziata che dimostrasse dove abbiamo sbagliato, dove i nostri calcoli non sono esatti, come la letteratura scientifica da noi citata possa essere smentita o aggiornata. Solo in questo modo, e non con le ingiurie, è possibile costruire un dibattito serio, sano, teso solo e unicamente a tutelare davvero i diritti delle donne e ad applicare quel principio di uguaglianza che riconosce pari dignità sociale a tutti gli esseri umani. Pari dignità a prescindere dalle “condizioni personali o sociali” (art. 3 della Costituzione), quindi anche a prescindere dall’età, dal luogo in cui si trovano e dal grado di maturazione raggiunto in quel processo che, senza soluzione di continuità, comincia al momento della fecondazione e trova compimento nell’età adulta.

Mi auguro che la Redazione di Vanity Fair pubblichi integralmente questa lettera, promuovendo così un dibattito civile e democratico e garantendo ai suoi lettori un'informazione corretta e completa.

La saluto cordialmente.

Benedetto Rocchi

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