Tra i parlamentari che si sono espressi contro la “Schwa” usata addirittura nei documenti ufficiali del Ministero dell’Istruzione c’è anche la senatrice Isabella Rauti, che ha appoggiato anche la petizione lanciata da Pro Vita & Famiglia proprio sul tema.
La responsabile del Dipartimento Pari Opportunità, Famiglia e Valori non negoziabili di Fratelli d’Italia ha inoltre dichiarato di essere favorevole alla proposta di Pro Vita & Famiglia di chiedere «ai ministri dell’Istruzione, della Pubblica Amministrazione e dell’Interno di emanare circolari urgenti per impedire che scuole, uffici pubblici e amministrazioni locali adottino asterischi, neutri e ‘schwa’ nei loro documenti ufficiali».
Salviamo l'italiano dal gender: no asterischi, neutri e schwa! - FIRMA QUI!
«Un’iniziativa doverosa e soprattutto necessaria – dichiara la Rauti –. Stiamo assistendo a un attacco alla nostra lingua da parte della solita ideologia gender che sta portando avanti l’ennesima campagna del politicamente corretto, che adesso vorrebbe anche imporre un modo ‘inclusivo’ e ‘non discriminatorio’ di scrivere. Contro questa ennesima assurdità sosteniamo la battaglia che Pro Vita & Famiglia sta portando avanti con la sua petizione».
La petizione nasce a seguito della diffusione da parte del Ministero dell’Istruzione di alcune circolari in cui venivano riportate parole come «professorə» e «commissariə» connotate dalla lettera neutra e artificiale “ə”. Per indicare il plurale, invece, si usa la cosiddetta “schwa lunga”, che consiste in un “3”, cosicché invece di scrivere “professori” e “professoresse”, si scrive “professor3”. Dunque forma neutra che includerebbe il sesso maschile, quello femminile e tutti i neutri nelle infinite caratterizzazioni in ossequio all’ideologia gender. Gli articoli determinativi al plurale “i”, “gli” e “le”, invece, confluiscono tutti nell’universale “l3”.
L’utilizzo della “schwa” servirebbe ufficialmente per superare gli stereotipi di genere e le disuguaglianze. All’atto pratico genera però grandissima confusione sia a livello lessicale, che psico-sociale, alimentando esponenzialmente l’ideologia gender.
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Non solo Pro Vita & Famiglia però. A scendere in campo in difesa della lingua italiana, nei giorni scorsi – tramite un’altra petizione, diffusa su Change.org – anche alcuni intellettuali ed esponenti del mondo della cultura italiana, molti dei quali di orientamento progressista, tra cui Alessandro Barbero, Massimo Cacciari, Michele Mirabella, Paolo Flores d’Arcais, Edith Bruck e il presidente dell’Accademia della Crusca, Claudio Marazzini. Secondo il promotore, il linguista Massimo Arcangeli, quelle della “schwa” e degli asterischi finali sono «regole inaccettabili», che comportano il «rischio di arrecare seri danni anche a carico di chi soffre di dislessia e di altre patologie neuroatipiche».
Come se non bastasse, però, dobbiamo ricordare anche che la non ancora codificata “schwa” attualmente coabita con altre forme crittografiche come l’asterisco (“tutt*) la chiocciola (tutt@) o la “u” (Buonasera a tuttu). Da notare, infine, la mortificazione delle professioni declinate al femminile. Usando la “schwa” non si dirà più “pittrice” o “vigilessa” ma genericamente “pittorə” e “vigilə”. Il tutto Con buona pace dell’emancipazione femminile che, entrata dalla porta di decenni di rivendicazioni e conquiste concrete, uscirebbe dalla finestra di un subdolo simbolismo lessicale.
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