Non certo ai bimbi che uccide, né alle donne, la cui salute compromette seriamente. Certamente ci guadagnano le case farmaceutiche e i medici abortisti
Abbiamo visto come l’introduzione dell’aborto con il metodo chimico non assicura, studi alla mano, alcun vantaggio in termini di sicurezza, tollerabilità, o efficacia, rispetto al metodo eseguito chirurgicamente, a parità di età gestazionale.
Avevamo promesso di dare quelle che riteniamo siano le vere ragioni che stanno alla base del sostegno politico all’aborto chimico, cioè all’introduzione nel nostro paese di quella pillolina che il professor Lejeune, lo scopritore della causa della sindrome di Down, definì “pesticida anti-umano”. Da un punto di vista morale, per chi come me considera la dignità umana inseparabile dall’appartenenza alla specie homo sapiens (indipendentemente da dimensioni, età, intelligenza, autonomia, qualità della vita, autoconsapevolezza e tutto l’ammennicolo di motivazioni con le quali si vuole artificiosamente creare e asservire la classe dei sub-umani), la modalità con cui gli embrioni, questi nostri fratelli in umanità, vengono soppressi non fa differenza; ma fa differenza se l’introduzione di una procedura abortiva è in grado di influire sul numero degli aborti. L’ex ministro della salute ed ex-parlamentare Livia Turco (colei che inviò tramite il proprio rappresentante Maura Cossutta i saluti ai partecipanti del convegno mondiale degli operatori dell’aborto che si svolse a Roma nel 2006, dove la RU 486 era il tema caldo del momento) riferì in parlamento che su questo punto c’era da stare tranquilli: disse che, dopo l’introduzione della pillola, gli aborti non sarebbero aumentati.
Peccato che i dati che pubblicammo di lì a poco sull’Italian Journal of Gynaecology & Obstetrics dicessero proprio il contrario: il rapporto di abortività aumentava in Inghilterra, Scozia, Francia, Svezia, paesi presi in esame perché già da tempo avevano sul mercato la pillola killer. Anche negli USA, in un contesto caratterizzato da un avanzamento della sensibilità pro-life che ha condotto a provvedimenti legislativi restrittivi e a una conseguente riduzione degli aborti, dopo l’introduzione della RU 486 voluta dal presidente Clinton la discesa degli aborti è rallentata. Ma che cosa c’è dietro il sostegno alla RU 486? Il primo interesse proviene dal mondo dei medici abortisti che vedono così la possibilità di svolgere mansioni più accettabili: il counselling, la prescrizione, il controllo intra- e post- procedura. Sono gli studi scientifici a dimostrare che con l’aborto chimico c’è un trasferimento del carico di lavoro dal medico che pratica l’aborto al personale para-medico e con questo il peso psicologico, compreso il rischio di burn-out. Il secondo interesse è volto a ottenere la domiciliazione dell’aborto come tappa intermedia, ma fondamentale, per la completa privatizzazione dell’aborto stesso. Culturalmente questo è un obiettivo primario per la completa affermazione dell’abortismo libertario. L’estrazione violenta del bambino dal grembo della madre ridotta al rango di un qualsiasi intervento sanitario, come un’estrazione dentale, una tonsillectomia, interventi che legittimamente il paziente può ottenere da qualsiasi medico abilitato. È l’affermazione del bambino ridotto ad appendice e proprietà della donna a interessare le intellighenzie abortiste.
Questo è il vero obiettivo che i politici pro-morte hanno raggiunto e ancora una volta certi paladini – a parole – dei principi non negoziabili non hanno saputo difendere il più nudo tra i nudi, il più povero tra i poveri, il più debole tra i deboli.
di Renzo Puccetti