Si è appena conclusa, in Senato, la Conferenza Stampa indetta dall’Associazione ProVita Onlus in collaborazione con il senatore Lucio Malan, durante la quale si è posta l’attenzione sull’aberrante pratica dell’utero in affitto, grazie alla toccante – e sconvolgente – testimonianza di Elisa Anna Gomez.
Molti i giornalisti presenti all’evento, che ha scosso le aule di Palazzo Madama.
La tematica dell’utero in affitto è molto attuale, alla luce dell’inizio – proprio oggi – della discussione del ddl Cirinnà sulle unioni civili che, nella parte in cui consente la stepchild adoption (art. 5), darebbe nuova linfa al mercato di donne e bambini rappresentato dalla maternità surrogata.
La Conferenza Stampa è stata aperta dal Presidente di ProVita Toni Brandi, che fin dalle prime parole ha richiamato un concetto fondamentale: «Tutti noi abbiamo dei desideri, ma questi non possono essere sempre esauditi. Si può certamente capire il desiderio di avere figli ma si devono anche tenere in conto la dignità ed i diritti della madre e dei bambini».
Diritti e dignità propri di ogni persona, che vengono però calpestati dalla pratica dell’utero in affitto. Un fatto, questo, che una società che vuole dirsi civile non può ammettere, come invece l’Italia si appresta a fare con l’introduzione del ddl Cirinnà. Infatti – ha proseguito Brandi – benché la maternità surrogata non sia esplicitamente menzionata nel disegno di legge in questione, «è ovvio che il legislatore deve tenere in mente le conseguenze immediate che seguono l’entrata in vigore di una legge. E in questo caso la conseguenza immediata sarebbe che, mediante la stepchild adoption, un uomo potrebbe diventare secondo “padre” di un bambino ottenuto tramite utero in affitto all’estero con il seme del suo compagno».
Ha preso poi la parola Elisa Anna Gomez – pittrice, organizzatrice di mostre, terapeuta a fianco di disabili e malati -, la quale ha portato la sua testimonianza di madre surrogata. Una decisione, la sua, presa sull’orlo della disperazione quando aveva già due figli da mantenere e che – da quel lontano 2006 – la perseguita, avendole lasciato un disturbo post traumatico da stress.
«Mi sono offerta – ha affermato la donna – come madre surrogata in un forum on line. Non c’era consulenza, non avvocati per rappresentarmi, poichè non me li potevo permettere, niente. Ho incontrato diverse coppie e ho deciso su una coppia gay. Sono stati meravigliosi al tempo e abbiamo deciso che avremmo usato i miei ovociti e il mio grembo per una maternità surrogata. Ho preso questa decisione in base ad un accordo che io sarei sempre stata la madre della mia bambina. La coppia mi ha pagato 8.000 dollari per dare vita a mia figlia e darla a loro, sempre a condizione che io sarei sempre stata nella vita del figlio e sempre considerata sua madre».
Dopo una gravidanza regolare, ha proseguito nel racconto la Gomez, è arrivato il momento del parto. Ed è qui che sono iniziati i problemi: «Ho avuto la mia bambina e subito mi sono sentita legata a lei. Lei era mia figlia e io lo sapevo e sapevo che non potevo lasciarla andare, ma ero esausta e confusa».
La bambina viene strappata dalla madre e la coppia che l’aveva commissionata lascia lo Stato. Il dolore che vive la Gomez nei giorni successivi al distacco dalla sua bambina è talmente forte che, ad oggi, ne ha un ricordo confuso. «Mi sentivo – ha proseguito la donna – come se la mia bambina fosse morta. Mi sentivo come se fossi un mero fantasma di me stessa. La coppia ha improvvisamente tagliato le comunicazioni e ha lasciato lo Stato senza darmi alcuna informazione. Nessuno dei due era sul certificato di nascita, al momento, e legalmente, è stato un rapimento. Ho contattato le autorità, ma sono stata trattata come se mia figlia non era mia».
Da allora la Gomez ha iniziato una battaglia legale per poter riabbracciare la sua bambina. Dopo aver ottenuto inizialmente il permesso di vederla quattro ore al mese, è da quando la piccola aveva due anni e mezzo che non ha più potuto incontrarla. Nel contempo, però, è costretta a pagare quasi 600 dollari al mese di assegni di mantenimento.
La pratica dell’utero in affitto è una schiavitù e nega il legame profondissimo tra madre e bambino, che viene trattato al pari di una merce. «Non togliete ai bambini i loro diritti prima della loro nascita!», ha quindi concluso il suo toccante intervento la Gomez.
Qui il video della Conferenza Stampa.
Redazione
Alcuni articoli pubblicati in merito:
Hlavne Spravy – Traduzione in italiano
Dopo la conferenza stampa di ProVita, hanno parlato di utero in affitto e maternità surrogata anche Libero (ripreso poi anche da Il Mattino) e La Gabbia.