Il disegno di legge intitolato “Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari” (da cui l’acronimo DAT) vuole introdurre in Italia l’eutanasia.
Eutanasia è omicidio e, attenzione, rischia di innescare una china scivolosa di morte dalla quale è assai difficile uscire. I dati di Olanda e Belgio, solo per citare due Paesi, sono eloquenti in tal senso.
La verità è che dietro l’eutanasia ci sono egoismo, profitti e una mentalità eugenetica. Quando una persona non è più produttiva, o comporta una spesa (soprattutto per lo Stato), o non viene più considerata “degna” di vivere… si vorrebbe procedere a dare la morte, magari anche sospendendo la nutrizione e l’idratazione.
Ma questo ragionamento è sbagliato sotto molteplici aspetti, non solo etici ma anche “metodologici”. Chi decide quando una vita non è più degna d’essere vissuta? Acqua e cura sarebbero quindi da considerarsi “cure”? Il medico si trasforma da persona che cura a persona che uccide? E se una persona cambia idea all’ultimo momento rispetto a quanto scritto nei DAT, ma non è più in grado di comunicarlo?
Il tema dell’eutanasia è molto complesso. Durante l’incontro a Roma, giovedì 2 marzo alle ore 19:00, don Stefano Tardani del Movimento dell’Amore Familiare, Toni Brandi presidente di ProVita Onlus e Giusy d’Amico dell’Associazione Non si Tocca la Famiglia hanno proposto riflessioni sui diversi aspetti implicati nella questione. Roberto Panella, risvegliatosi dal coma profondo per cui lo avevano dato per spacciato, ha dato la sua intensa testimonianza.
E’ stato un incontro che ha ottenuto un grande successo di pubblico, molto interessato: evidente la gente vuole saperne di più rispetto a ciò che dicono in televisione. Tutti hanno sottoscritto convinti la nostra petizione.
Redazione