18/01/2013

Aborto “retroattivo”? Una tesi insostenibile

Perché un neonato dovrebbe vivere? Già, perché? Potrà stranire, urtare la comune sensibilità di noialtri, risultare un non-senso se non una battuta dal gusto macabro, eppure non è solo questo. È il titolo di un articolo scientifico che da più di un anno sta facendo discutere mezzo mondo. Anzi, per la verità ne è solo una parte. Il titolo intero del paper pubblicato lo scorso marzo sul prestigioso Journal of Medical Ethics è “Aborto Postnatale. Perché il bambino dovrebbe vivere?” (“After-birth abortion: why should the baby live?”). Gli autori sono due giovani ricercatori italiani in forza alla Monash University, in Australia, in questi giorni in tour in Italia per spiegare che, come si legge nel loro lavoro: “Quando si verificano determinate circostanze dopo la nascita che avrebbero giustificato l’aborto, quello che chiamiamo aborto post-natale dovrebbe essere permesso”. Dopo gli incontri di Torino, Milano, Forlì e Roma, è la volta di Napoli, dove i due bioeticisti saranno i protagonisti della tavola rotonda promossa dal Cirb (Centro Interuniversitario di Ricerca Bioetica) a Palazzo Giusso alle ore 15. Si confronteranno con i due ricercatori il filosofo Paolo Amodio (Federico II Napoli), il chirurgo già presidente del Cirb Enrico Di Salvo, il giurista Gianluca Gentile (Suor Orsola Benincasa), e il bioeticista “padre” degli utilitaristi del Belpaese Maurizio Mori (Università di Torino), presidente della Consulta di Bioetica Onlus. Il seminario sarà l’occasione, dicono i promotori, di un “dialogo tra studiosi sostenitori di prospettive valoriali che discuteranno per favorire la comprensione dei problemi sollevati dalla tesi in ambito bioetico, religioso, giuridico e sociologico”.

Le parole esigono onestà
Al netto della terminologia filosofica e della prevedibile cortesia da simposio, l’impresa appare ardua. Posto che non si finisce mai di imparare, in questo caso quello che c’è da comprendere lo si intuisce subito: si sostiene la liceità dell’infanticidio. E hai voglia a trovare formule che aiutino ad aggirare l’ostacolo, hai voglia a parlare di “aborto-postnatale”, hai voglia a dire che il neonato ha uno status morale equiparabile a quello del feto, la differenza tra i due individui è ontologica (tanto per mettere mano all’arsenale semantico della metafisica): il primo, a differenza del secondo, non vive per il tramite del grembo materno. Il neonato, lo dice la parola, ha superato la soglia della nascita, è venuto al mondo, e ogni azione violenta perpetrata nei suo confronti altro non sarebbe che l’esercizio di forza chi ha potenza ai danni di chi invece testimonia solo fragilità e bisogno.

Se un bimbo è un fardello

Giubilini e Minerva specificano inoltre che se condizioni come i costi (sociali, psicologici ed economici) per i potenziali genitori sono ragioni accettate per l’aborto anche quando il feto è sano, allora gli stessi motivi dovrebbero giustificare l’uccisione del neonato, posto che lo stato morale sia lo stesso. Il neonato può anche essere sano ma se si rivela un “peso” per chi dovrà sostenerlo allora non c’è ragione per distinguere tra aborto e infanticidio. Parlare di nichilismo o materialismo sarebbe in questo caso un’offesa sia al primo che al secondo.

Non-persone

Ma perché il neonato sarebbe equivalente al feto? “Entrambi – scrivono i due ricercatori – mancano di quelle proprietà che giustificano l’attribuzione di un diritto a vivere dell’individuo”. Una persona, secondo la teoria utilitaristica, è un individuo in grado di attribuire alla sua esistenza almeno un valore di base. È cioè necessario essere consapevoli che essere privati dell’esistenza rappresenterebbe una perdita, consapevolezza di cui sia il feto che il neonato sarebbero privi. Ne consegue che gli individui che non sono nelle condizioni di attribuire nessun valore alla loro stessa esistenza non sono persone. Sì, ma allora quando si diventerebbe persone? Questo non è dato sapere. Viene un dubbio, cosa farne dei malati di Alzheimer e dei dementi cronici che non sono più in grado di attribuire un valore alla propria esistenza? Aborto post-senile?

Fonte: Il Denaro

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