L’ideologia gender pervasiva, che capillarmente quanto scientificamente prova ad innestarsi in ogni ambito della vita pubblica e privata, corrisponde a quanto previsto dalla “Strategia Nazionale LGBT 2013-2015” sottoscritta dal Governo Monti con il Consiglio d’Europa.
Di qui la pesante intromissione del pubblico nella sfera privata o, meglio, di quella parte di pubblico che viene sovvenzionata o che comunque trova qualche forma di soddisfacimento di interessi materiali grazie a strutture come, appunto, il Consiglio d’Europa. Un esempio? Il seminario “LGBT Media and Communication”, appuntamento solo formalmente finalizzato alla minimizzazione delle discriminazioni verso i non eterosessuali ma, in concreto, atto a piegare i mezzi di comunicazione a meri megafoni dei cultori del gender.
Per rispondere a questo profondo attacco culturale, il Comitato “Sì alla famiglia”, cartello composto da 16 organizzazioni di matrice cattolica e coordinato da Massimo Introvigne, ha messo in campo una petizione indirizzata al viceministro con delega per le Pari opportunità Maria Cecilia Guerra, all’Unar ed alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
“Per dire sì all’amore e alla famiglia, oggi è necessario dire anche qualche no” si può leggere nel Manifesto del comitato “e, per questo ci siamo uniti, per proporre a tutti un sì alla famiglia e a tutto quanto la promuove o la rafforza, e un sì anche all’accoglienza nella società e nelle comunità religiose – con rispetto – delle persone omosessuali, ma insieme un no al “matrimonio” e alle adozioni omosessuali, all’introduzione della cosiddetta ideologia di genere nelle scuole, e a una legge sull’omofobia la quale, introducendo un reato di opinione che rischia di mandare in prigione chi esprime con pacatezza idee contrarie ai “poteri forti” e alle lobby dominanti, ferisce gravemente la libertà di espressione. Non stiamo mettendo insieme cose diverse”.
“Qui troviamo, insieme a un’apologia incondizionata dell’ideologia di genere, la denuncia di concetti come “tradizione” e “natura” che sarebbero, se riferiti al matrimonio, intrinsecamente omofobi».
Oltre ad intervenire nel merito, la petizione solleva anche un grave problema metodologico che ormai da anni si ripresenta: quasi sempre, in fase di audizione o di consultazioni, le associazioni familiari, soprattutto se cattoliche, vengono escluse a favore di gruppi di attivisti GLBT.
Redazione