Da qualsiasi prospettiva li si consideri, non viviamo bei tempi, lo sappiamo. Oltre la grave crisi economico-finanziaria che riverbera i suoi effetti su tutto il mondo del lavoro e dello sviluppo del Paese c’è quella serissima e anzi persino drammatica, epocale quasi, di tipo morale e spirituale. Eppure, nonostante tutto, nel buio che ci avvolge continuano a comparire delle stelle luminose, all’improvviso, quando meno te lo aspetti, quasi a dire che se le ‘strutture di peccato’ avanzano, il governo della Storia con la S maiuscola resta sempre in mano alla Provvidenza di Dio.
Poco più di un anno fa, dopo una gravidanza a rischio, moriva a Roma una ragazza di 28 anni, Chiara Corbella Petrillo, che aveva scelto di offrire liberamente la sua di vita piuttosto che porre fine a quella di pochi mesi che portava nel grembo. Per inciso, lo faceva dopo aver perso già due figli. Oggi nella sua terra qualcuno comincia a conoscerla ma nel resto d’Italia, a quanto pare, è ancora un volto sconosciuto. E’ invece di pochi giorni fa la notizia che una ragazza rumena di 24 anni, Mihaela Bălăniuc, pure incinta, ha rifiutato un intervento chirurgico che le avrebbe sì rimosso il tumore che l’aveva colpita a un rene al quarto mese di gravidanza ma a costo di uccidere il bambino (anzi la bambina, trattandosi di una femmina) che aspettava. E che alla fine è nata, con un mese di anticipo, ma in ottima salute. Mihaela invece non c’è più: se n’è andata via l’8 dicembre, appena un paio di giorni dopo aver dato alla luce sua figlia, che – per non dimenticarla mai – porterà il suo stesso nome. Il tutto è avvenuto nei pressi di Constanţa, sull’estrema costa orientale della Romania, non esattamente una roccaforte del cattolicesimo, quindi, per usare un eufemismo. Ma, a parte questo, se si eccettua una ripresa on-line di un bioeticista francescano che si è laureato all’Alfonsiana (padre Adrian Măgdici), subito opportunamente ripresa dal nostro sito pro-life www.prolifenews.it, la notizia ancora oggi continua a essere una cosa di nicchia, roba per ‘iniziati’. Francamente parlando, da cristiani a cristiani, tutto questo è inconcepibile. Ci si lamenta spesso che non ci sono più santi, che la famiglia è in crisi nera, che tutto va male eccetera eccetera eccetera. Poi si scoprono, proprio ai nostri giorni, proprio accanto a noi, storie reali di una santità sconvolgente e straordinaria che spesso hanno per protagonisti giovani e giovanissimi e non se ne parla, come se si preferisse non diffonderne l’esempio, o – ancora peggio – restare nell’indifferenza anziché fare spazio al bene.
O forse un motivo c’è: le storie di Chiara e Mihaela (e chissà quante altre in posti ancora più remoti che neanche ci arrivano) alla fine hanno la capacità immediata di riportare tutte le chiacchiere da salotto sulla coerenza o meno della vita cristiana, i sofismi sulla retorica della vita che ‘sarebbe bella ma‘ e le miserie della politica di casa nostra sui cosiddetti temi etici al loro vero posto che, rispetto alla Verità, obiettivamente parlando, è la più totale irrilevanza. A leggerne le storie, non si tratta infatti di eroine spaziali venute fuori chissà da dove ma di semplici ragazze normali, con una vita assolutamente normale, che hanno visto e sentito la realtà dentro di sé in tutto il suo mistero e non avrebbero potuto negarla per nulla al mondo. Certo, la professione di fede consolidata resta sempre un ausilio decisivo e spesso fondamentale in questo cammino umanamente inspiegabile che alla fine diventa una Via Crucis insostenibile da affrontare con le nostre sole forze ma prima ancora c’è la verità che pure chiede di essere riconosciuta e accolta come tale. E quando ce l’hai dentro di te, per parafrasare proprio un pensiero di una di queste ragazze, lo sai benissimo qual’è la verità. Dibattiti e confronti non servono. Mihaela non ha sostenuto nessun dibattito: ha sperato tanto che Dio non le chiedesse proprio questo e probabilmente. Gli ha chiesto la forza di fare la sua volontà anche se in quel momento non riusciva a comprenderla. Sicuramente ha pregato, pregato ancora, e alla fine ha preso la sua decisione. A 24 anni. E scusate se è poco.
Ecco, sarebbe triste ora se la sua vicenda commovente e cristianamente vertiginosa finisse qui, come se non fosse mai esistita, o peggio ancora come se ci fosse qualcosa di cui vergognarsi. Sarebbe molto triste, non solo per la Romania di oggi e la Chiesa rumena ma per tutti i cristiani nel mondo che di questi esempi veri, di carne e ossa, se ci si passa il termine, ne hanno bisogno come non mai. Per vedere, se non altro, che non è tutto come racconta il tiggì della sera con toni apocalittici, e che il Cielo, ancora nell’anno di Grazia 2013, si affaccia sempre e comunque sulle nostre vite. E siccome nella società odierna una notizia ha sempre bisogno di un volto per ‘bucare’, chi vuole lo può trovare qui: http://www.prolifenews.it/notizie-dal-mondo/mihaela-ha-dato-la-vita-per-far-nascere-sua-figlia/.
Omar Ebrahime
Fonte: Vita Nuova Trieste