Rilanciamo un’intervista recentemente rilasciata dal nostro Presidente, Toni Brandi, a Radio Spada.
– Che cos’è la vita?
– A una domanda del genere posso rispondere con la ragione, ma soprattutto da Cristiano: la vita è un dono, ci è stata data dal Creatore, affinché la impieghiamo nel miglior modo possibile. Una palestra, una corsa (come dice San Paolo) e anche una battaglia: fatta di gioie e dolori, di vittorie e di sconfitte, ma che, se combattuta con fede, speranza e carità, alla fine ci porterà a conquistare in premio la felicità perfetta per l’eternità.
– Come nascono i bambini?
– Come nascevano: da un uomo e una donna che – salvo casi particolari – si vogliono bene, in un abbraccio, un amplesso: il frutto di quell’amore concepito nel caldo del grembo materno, custodito e nutrito per nove mesi… Oggi vengono concepiti anche sui vetrini delle cliniche miliardarie, conservati nel freddo dell’azoto liquido, impiantati in grembi estranei che li ospitano – per soldi – per nove mesi e poi li cedono. A volte tremo nel pensare a come nasceranno domani.
– In che contesto il bambino deve crescere?
– Deve crescere in una famiglia. Deve rapportarsi a un padre e una madre. Se per disgrazia questo non è possibile, l’adozione – come dicevano gli antichi – imiterà la natura: un padre e una madre diversi e complementari per dare ciascuno il proprio contributo essenziale per la crescita equilibrata dei figli. Se neanche l’adozione è possibile, sappiamo bene che i ragazzini crescono come possono in qualsiasi contesto: orfanotrofi, strade, favelas… ma questo non vuol dire che sia giusto o normale. L’ideale per loro è la famiglia naturale.
– Che cos’è il gender?
– Il gender è una teoria, una visione della persona che mette in secondo piano, o addirittura annulla, la rilevanza del sesso biologico nella vita morale, psicologica e sociale della persona. Invece l’elemento più importante diventa la “identità di genere”, cioè la percezione soggettiva che uno ha di sé che – secondo una certa ideologia che ha radici nel nichilismo, nella gnosi, nel marxismo culturale, nel femminismo radicale – non necessariamente deve coincidere con il proprio corpo sessuato. Non è neanche detto debba essere costante, ma potrebbe anche essere “fluida”. Ne segue che tutte le espressioni – tutte, non alcune – della femminilità e della mascolinità, anche quelle che hanno chiaramente fondamento nella naturale differenza sessuale, diventano meri prodotti culturali impostici fin da piccoli, da estirpare e da decostruire attraverso l’educazione alla parità di genere.
– Che cosa intendono i gay per “omofobia”?
– Difficile dirlo con precisione: in ogni caso, se seguiamo le definizioni più autorevoli (ad esempio provenienti dal Parlamento Europeo) l’omofobia significa “avversione” non solo verso la persona omosessuale ma anche verso l’omosessualità in se stessa. Anzi, qualche volta si ricorre al termine più ampio di “omonegatività” e omofoba sarebbe qualsiasi espressione “eteronormativa”. Quindi anche qualsiasi convinzione morale (di natura religiosa o meno) che ritenga che i rapporti omosessuali non siano naturali e che i bambini debbano avere una mamma e un papà.
– Che cos’è la vera tolleranza?
– La tolleranza di per sé implicherebbe la paziente sopportazione di un male (che non si possa rimuovere ma appunto solo “tollerare”). Oggi però tende ad essere assimilata al “rispetto”. Anche in questo secondo senso è chiaro che ogni singolo individuo umano, in qualsiasi condizione di età e di salute, soprattutto se più debole, deve essere “rispettato” in quanto è una persona: ciò vuol dire in sostanza riconoscerlo per quello che è, e “amarlo” cioè volere il suo vero bene. I comportamenti sbagliati invece non si possono rispettare in sé ma al limite tollerare: la disapprovazione dei comportamenti ovviamente non esclude l’amore per la persona, anzi.
– Esiste il problema “omofobia” in Italia?
– Secondo i dati dell’OSCAD (Ministero dell’Interno) è un problema davvero marginale, se intendiamo per “omofobia” la violenza, le offese e altri atti lesivi di questo tipo commessi nei confronti di una persona in ragione della sua omosessualità: una ventina di segnalazioni l’anno in tutta Italia. Se anche le segnalazioni fossero tutte accertate come casi oggettivi di violenza (deprecabilissimi), non sarebbero davvero un problema nazionale: stanno molto peggio gli obesi, gli anziani, e anche i Cristiani. Se l’Italia fosse un paese omofobo non avremmo (e ne abbiamo sempre avuti) tanti gay ricchi e famosi in politica, tra i cantanti, gli attori e i registi, gli uomini di cultura…
– Perché nelle scuole si fa propaganda gay? E come?
– La propaganda omosessualista di solito è mascherata dalla lotta all’omofobia, alla discriminazione e al bullismo; o anche come prevenzione dell’AIDS o educazione sessuale. E invece si presentano esponenti di associazioni LGBT a insegnare come è bello e “normale” fare sesso omosessuale. Spesso con spiegazioni esplicite, a volte con inviti a partecipare a circoli culturali, spettacoli e eventi che si tengono in locali LGBT (siamo ai limiti dell’adescamento…). Ma questo accade soprattutto nelle scuole superiori. Ai bambini piccoli, invece, fin dall’asilo nido, si cerca di confondere le idee su chi /cosa è maschio e femmina, su cosa è il sesso… direi che non è solo propaganda omosessualista, ma piuttosto (dis)educazione secondo quella ideologia gender di cui abbiamo parlato sopra.
– Le famiglie si stanno ribellando a questa vera dittatura?
– Molti genitori hanno visto i loro figli (di tutte le età) turbati, a volte sconvolti, da quello che veniva detto o fatto vedere a scuola. La voce – anche grazie a noi, modestamente – ha cominciato a girare, la gente ha preso consapevolezza e in molte circostanze e in diverse occasioni ha reagito, protestato. Sono nate associazioni, comitati. Insomma, ovviamente di certe cose ai bambini se ne vuole parlare in famiglia, con i tempi e i modi che solo i genitori sanno essere più adatti per i propri figli. Altre cose invece non dovrebbero mai essere dette ai bambini, in quanto non convenienti o semplicemente false, frutto dell’ideologia.
– E’ vero che le organizzazioni dei “diritti umani” si preoccupano solo dei gay e non dei problemi gravi dell’umanità?
– Non solo dei gay: anche di aborto e contraccezione. Anzi oggi, cose come l’accesso all’aborto “sicuro” (non per il bambino), alla contraccezione, e come i matrimoni gay sono diventati veri e propri diritti umani: questa è la visione di importanti organizzazioni internazionali come l’UNICEF, l’UNFPA, Amnesty International … il prossimo numero della nostra rivista “Notizie ProVita” parlerà proprio di questo, e ci saranno per molti tante sorprese.
– Dove prendono i soldi e come li spendono?
– I soldi li prendono, oltre che da famosi miliardari ideologicamente schierati come i vari Gates o Soros, anche da NOI, direttamente o indirettamente. Direttamente, perché molte persone, alcune convinte in buona fede che queste organizzazioni vogliano risolvere in modo giusto i veri problemi del mondo, fanno donazioni che però poi vengono utilizzate per promuovere i “diritti sessuali e riproduttivi”, l’agenda LGBT, ecc.. Indirettamente, perché una gran parte delle risorse vengono dai governi nazionali, che utilizzano fondi pubblici e, in ultima analisi, soldi dei contribuenti.
– Esistono paesi dove c’è la pena di morte per i gay, perché nessuno dice niente?
– A volte dietro ci sono ragioni geopolitiche. Altre volte ragioni di strategia: il vittimismo LGBT non serve tanto a risolvere veri problemi di violenza o di ingiustizie contro i gay, altrimenti la lotta contro l’omofobia dovrebbe essere condotta soprattutto in quei paesi in cui, ad esempio, si prevede la pena di morte. Il vittimismo serve a plasmare l’opinione pubblica, convincerla che il modo per risolvere il problema “omofobia” sia concedere (pseudo) diritti alla comunità LGBT, come matrimonio, adozioni, ecc.
– Lei come risolverebbe il problema delle “unioni gay”?
– Molti vorrebbero farci credere che il diritto si deve adattare per forza all’evoluzione dei costumi, alla situazione sociale del momento: situazione che vedrebbe innumerevoli coppie “gay” di fatto, desiderose di godere di diritti da tanto tempo negati. Se è vero che il diritto deve tenere conto del contesto sociale, tuttavia esso deve regolare questo contesto in modo da tendere al bene comune. Il diritto non può promuovere ciò che è contrario al bene comune e individuale. I rapporti omosessuali sono contrari al bene della persona e concedere “diritti” su quel presupposto è anche contro il bene comune. Non c’è “evoluzione” che tenga: alcune cose sono e sempre saranno “non-ordinabili” al bene perché intrinsecamente disordinate. Molte cose cambiano nelle vicende umane, ma l’essenza dell’uomo rimane la stessa.
– Perché non sposare anche bambini e animali?
– Forse in un prossimo futuro, la società e lo Stato non sapranno rispondere a questa domanda. Stiamo vivendo un processo culturale e giuridico che ci fa perdere progressivamente il senso del matrimonio, cioè quella unione stabile socialmente riconosciuta, a fondamento della famiglia e della perpetuazione della specie. Divorzio, aborto, fecondazione artificiale (pure eterologa) e adesso unioni civili omosessuali: alla fine il matrimonio sembrerà soltanto un istituto volto a rendere pubblico (per qualche motivo) il proprio affetto (più o meno stabile) verso un soggetto. E allora sposare animali e bambini forse non sarà più percepito come una assurdità.
– Che cos’è ProVita?
– ProVita è una associazione che combatte, appunto, per la Vita. “Combattere per”, significa “difendere” e “promuovere”. Combattiamo per la persona, dal concepimento fino alla morte naturale. Combattiamo per la sessualità che genera la vita, fondata sulla differenza e complementarietà tra un uomo e una donna, e che si esercita nel matrimonio. Combattiamo per tutti quei “veri” diritti che vengono costantemente negati al concepito, al disabile, alle donne che spesso ignorano di essere vittime di aborto e contraccezione, al paziente in stato “vegetativo” che rischia di essere eliminato, al bambino che rischia di finire in pseudo famiglie omoparentali o che subisce un indottrinamento gender nelle scuole. Le voci di tutte queste persone sono o soppresse prima di potersi sviluppare, oppure vengono soffocate dal rumore assordante dei media, e dalle chiacchiere di molti politici e di ricche organizzazioni internazionali. In questo senso ProVita parla e combatte per loro, parla “nel nome di chi non può parlare”.