Caso Norlevo: quali sono le motivazioni del TAR per opporsi al ricorso contro la cosiddetta “pillola del giorno dopo”?
Notizie ProVita si è occupata diffusamente della questione, annunciando il ricorso al TAR, la sua portata abortiva, sollevando la questione di profonda impreparazione dello Stato ed, a monte, approfondendo il discorso della difesa dell’obiezione di coscienza dei farmacisti.
Non ultimo, sempre ProVita, ha dato evidenza delle “motivazioni” che hanno spinto il TAR del Lazio a respingere il ricorso contro la Norlevo, la pillola del giorno dopo.
Riportiamo di seguito il Comunicato Stampa dei “Giuristi per la Vita” in merito all’ordinanza del TAR.
COMUNICATO STAMPA GIURISTI PER LA VITA 18-2014
La Sezione Terza-quater del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, con l’ordinanza n. 2407/2014 del 29 maggio 2014, ha respinto l’istanza cautelare del ricorso diretta alla sospensione degli effetti del provvedimento dell’AIFA sul farmaco Norlevo, la cosiddetta “pillola del giorno dopo”, affermando che «non sussistono, sotto il profilo del fumus, i presupposti per l’accoglimento della proposta istanza cautelare avuto presente, in linea con quanto evidenziato dalle resistenti amministrazioni, che recenti studi hanno dimostrato che il farmaco Norlevo non è causa di interruzione della gravidanza».
Fa specie notare come i giudici amministrativi abbiano clamorosamente equivocato l’oggetto del ricorso. Lo dimostra il riferimento alla «interruzione della gravidanza». Oggi solo una corrente minoritaria di medici ginecologi afferma che la gestazione inizia dopo l’annidamento dell’embrione in utero e non dal momento della fecondazione. In questa erronea prospettiva, è vero che la pillola Norlevo non ha effetti dopo l’impianto in utero dell’embrione. Peccato che l’oggetto del ricorso, però, riguardasse la fase anteriore dell’impianto, vale a dire gli effetti della pillola Norlevo sullo sviluppo dell’embrione e sulla sua capacità di annidamento. Da questo punto di vista, la revisione critica dei centodiciannove studi scientifici pubblicati su riviste internazionali, prodotti in giudizio dai ricorrenti, hanno univocamente affermato che
Norlevo può essere nocivo per lo sviluppo dell’embrione e impedirne l’annidamento in utero.
Né l’AIFA, né il Ministero della Salute, né la spietà HRA Pharma hanno potuto obiettare nulla in merito a tale punto. Le rispettive memorie, infatti, si sono limitate a citare due studi alquanto datati (Novikova 2007 e Noè 2011), che oltretutto non risultano essere stati presi in considerazione nell’istruttoria, e che non sono mai stati citati negli atti impugnati. Nessun giurista scrupoloso esprimerebbe un parere solo sulla base di un paio di sentenze che esprimono tesi minoritari, e ci piacerebbe sapere che lo stesso criterio valga anche quando si tratta di immettere nel mercato farmaci potenzialmente nocivi.
Un’ulteriore conferma di quanto l’istruttoria dell’AIFA sia stata lacunosa su questo punto, lo si ricava, peraltro, anche dal resoconto stenografico dell’Assemblea della Camera dei Deputati dell’11 aprile 2014, in è verbalizzato l’intervento del sottosegretario di Stato per la salute in risposta all’interrogazione parlamentare dell’onorevole Gian Luigi Gigli avente per oggetto proprio il farmaco Norlevo. Dalla lettura del verbale emerge chiaramente che il Ministero della Salute non era in possesso di alcuna nuova evidenza scientifica tale da escludere il potenziale effetto abortivo della pillola Norlevo. Leggere per credere.
E’ vero che l’ordinanza del T.A.R. riguarda la fase cautelare del procedimento e che occorre attendere la sentenza, però certo questa decisione rischia di apparire come un pesante ostacolo per l’esercizio del diritto di obiezione di coscienza in tema di interruzione volontaria della gravidanza da parte degli operatori sanitari. I ricorrenti stanno comunque valutando l’opportunità di proporre appello al Consiglio di Stato contro l’ordinanza del T.A.R. La parola, quindi, potrebbe passare ai giudici di Palazzo Spada, ove si spera valga ancora l’antico e saggio principio per cui «contra factum non valet argumentum».
IL PRESIDENTE
Avv. Gianfranco Amato
La questione è stata affrontata anche dal quotidiano Avvenire, in un articolo che qui riportiamo.