Lo scandalo di Bibbiano, in provincia di Reggio Emilia, ha fatto emergere una fitta rete di stratagemmi per togliere dei bambini alle loro famiglie e darli in affido ad altre coppie, con un business di migliaia di euro, ma ha scoperchiato anche l’insabbiamento di violenze ed abusi. «Qualcosa di indecente per chi lavora con i bambini e che non può essere tollerato» perché «i bambini sono stati usati come degli oggetti», come ha affermato don Fortunato Di Noto, il fondatore di Meter, intervistato da Pro Vita & Famiglia.
Cosa ne pensa del caso di Bibbiano, dove i bambini sono stati strappati ai loro genitori e spesso anche vittime di violenze e abusi?
«Il primo pensiero ovviamente va ai bambini, quindi di conseguenza a ciò che hanno subito e si spera ci siano tutti gli accertamenti del caso perché ci sono delle responsabilità gravissime così come sta emergendo dalle indagini. Sarà quindi necessario adottare dei provvedimenti seri e gravosi».
Secondo lei è un caso isolato o ce ne sono altri?
«È necessario scardinare questo sistema, perché da quello che sta emergendo, anche se è tutto da verificare, è di fatto un vero e proprio sistema e se questo sistema va ulteriormente a discapito dei bambini è veramente la cosa peggiore che si possa mettere in pratica, perché così facendo i bambini sono oggetto di ideologie e di business economico. È veramente una cosa indecente per chi lavora con i bambini e un colpo al cuore che non può essere tollerato in alcun modo».
Come indagare e come prevenire tali abusi e comportamenti?
«Innanzitutto c’è da sottolineare che noi abbiamo un apparato giuridico per la tutela dei bambini che è abbastanza efficace ed efficiente ed è il frutto di tanti anni di lavoro e di confronto, anche se ovviamente ogni legge può essere migliorata. Il problema quindi non è della legge ma è della prassi, perché tutto dipende da chi si mette in ascolto dei bambini e lavora con loro. Chi si pone in aiuto dei bambini, uomo o donna che sia, deve essere prima di tutto adeguatamente formato, e dal punto di vista umano molto equilibrato, e deve essere altamente qualificato dal punto di vita professionale. Non è possibile pensare che tutti possano fare questo tipo di servizio, anche perché ci deve essere necessariamente una competenza. È una vergogna pensare che basta frequentare qualche semplice corso per essere in grado di lavorare con i bambini. Un altro punto fondamentale è andare ad analizzare le situazioni a monte. Lo dico per esperienza perché quando ci sono casi di abusi o vicende controverse la cosa fondamentale è il primo verbale che arriva, perché fa la differenza. Le forze dell’ordine che acquisiscono un verbale devono essere capaci di farlo bene, di scrivere tutta la verità, di non tralasciare nulla».
Proprio oggi ProVita & Famiglia è presente a Roma con una serie di manifesti contro l’utero in affitto. Secondo lei quello che è successo a Bibbiano è sintomo di una cultura che vede i bambini come degli oggetti?
«Purtroppo oggi la realtà è questa, ovvero che il bambino è considerato un oggetto e anzi, alcune volte, addirittura uno scarto. Noi diciamo sempre che deve essere al primo posto, che è il cuore dell’umanità, che dobbiamo fare di tutto affinché sia tutelato e abbia un padre e una madre, che non venga trafficato, svenduto e usato, ma purtroppo nella realtà alcune volte non è così. Ovviamente la realtà non è tutta così negativa, sarebbe un inferno, però è anche vero che purtroppo non è tutto roseo. L’utero in affitto è una barbarie, possono dire quello che vogliono ma è una barbarie. Si tratta della sofisticata commercializzazione dell’essere umano. Nel momento in cui l’uomo viene ridotto in schiavitù, a un oggetto con la scusa e l’aggravante che tutto si può fare se c’è l’amore, allora questo apre a scenari ancora più drammatici perché anche i pedofili, per esempio, dicono che tutto è amore».
Salvatore Tropea