“Good science, good ethics”. La buona scienza è un presupposto necessario alla buona etica, soprattutto in un tempo in cui da molte parti il dato scientifico rischia di essere pre-orientato al raggiungimento di un determinato giudizio etico. L’affaire della pillola del giorno dopo in caso di stupro di cui La Nuova Bussola Quotidiana si è occupata ne è un esempio nitido. È in questa prospettiva che sabato 11 maggio si svolgerà presso il Pontificio Ateneo Regina Apostolurm un ampio convegno dedicato ai temi della vita che si articolerà in diverse sessioni mattutine dedicate a specifici ambiti concludendosi con la lectio magistralis del Cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna. Seguirà una sessione plenaria nel pomeriggio dove potremo ascoltare, tra i numerosi interventi previsti, le riflessioni del fondatore dell’osservatorio Van Thuan e arcivescovo di Trieste mons. Gianpaolo Crepaldi; e quelle di Jeanne Monahan, presidente del Comitato che organizza la Marcia per la Vita negli Stati Uniti, che quest’anno ha visto la partecipazione record di 650.000 persone; l’esperienza di Sabrina Paluzzi, fondatrice e presidente della Quercia Millenaria e quelle del collega medico e ginecologo Gianfranco Blaas, già primario all’ospedale di Bussolengo in cui ha speso l’intera vita professionale per servire la vita e contrastare la morte comminata con l’aborto.
Perché un congresso scientifico prima e in continuità con la Marcia nazionale per la Vita, che si svolge domenica 12 al mattino, è davvero importante? Lo comprende bene chi più direttamente si trova a dovere combattere in prima linea, negli ambulatori, nelle corsie, nei laboratori e nelle aule di tribunale la deriva anti-umana che sta caratterizzando l’occidente secolarizzato protendendo i tentacoli verso le aree più povere del pianeta. È importante che si diffonda la consapevolezza del ricorso scientificamente inappropriato alla fecondazione artificiale, degli effetti che generano sulla psiche delle donne il fallimento dell’accanimento fecondativo, delle più recenti acquisizioni scientifiche sul trauma psicologico post-abortivo; è necessario che si conosca il contributo apportato dai metodi naturali per paternità e maternità responsabili e si superino pregiudizi ingiustificati, che si conosca la possibilità di curare il bambino già prima della nascita, che penetri nel comune sentire come il neonato, quantunque a rischio di vita e di disabilità, è e rimane soggetto di diritto alla vita e alle cure più appropriate.
Ma non è meno importante elaborare una strategia ed un personale idoneo a perorare nelle aule di giustizia del nostro paese e dell’Europa la causa dell’essere umano indifeso. E’ necessario operare, tra l’altro, perché nei tribunali entri finalmente un curator vitae dedicato a perorare la causa di chi in quel luogo non può parlare. Ecco, proprio per questo Domenica 12 maggio per le vie di Roma si svolgerà la marcia per la vita. C’è bisogno delle nostre gambe per colui a cui le minutissime gambe vengono spappolate, c’è bisogno della nostra voce per colui che non ha voce, c’è bisogno della nostra ferma, instancabile, indomita opposizione ad una legge che ha consentito la eliminazione legale e gratuita di oltre 5.300.000 esseri umani, una cifra che supera la popolazione di Toscana, Umbria, Molise e dell’intera città di Bologna.
Si deve vedere che cosa significa l’aborto, si deve vedere la realtà che si cela dietro la gelida e disumanizzante sigla, I.V.G. Il cattolico accanto all’ortodosso, il buddista accanto al non credente hanno marciato insieme per la vita e contro l’aborto l’anno scorso e lo faranno anche la mattina del 12 maggio. È autentico dialogo per l’unità dei cristiani, è vero dialogo culturale intereligioso, perché l’accoglienza della natura umana avvicina gli uomini. È vangelo della vita che va gridato sui tetti, perché, come ricordato da Papa Benedetto XVI nel suo discorso ai vescovi americani del 19 gennaio 2012, la testimonianza prevede che si portino argomenti razionali nella pubblica piazza.
di Renzo Puccetti