Lo Stato che “serve” ai cittadini per garantire l’ordine, la pace sociale, le pari opportunità e l’assenza di ingiuste discriminazioni deve riconoscere come preesistenti alla legge i diritti inviolabili dell’uomo (e dei bambini!), quelli naturali, scritti nella coscienza umana di ogni tempo e in ogni luogo.
Poiché, però, l’uomo è naturalmente un animale sociale, lo Stato deve riconoscere altresì tali diritti alle “formazioni sociali”. Non a tutte. Non alle associazioni a delinquere, per esempio. Solo a quelle «dove si svolge la sua personalità» (art.2 Cost.). Questo “principio di sussidiarietà” vale (o dovrebbe valere, almeno sulla carta), tra l’UE e i Paesi membri, tra gli Stati e le Regioni, tra lo Stato e gli enti pubblici e gli enti privati, ma soprattutto nei confronti della famiglia, la cui essenza pre-statuale è ribadita dall’art. 29 della Costituzione: se l’ente maggiore interviene nella sfera dell’ente minore solo in casi eccezionali, cioè quando l’ente minore non sia in grado di gestirsi da sé, lo Stato “entra” nella famiglia solo quando eventuali abusi vengano accertati da prove certe, univoche e inconfutabili. Oggi invece stiamo assistendo a una tale involuzione delle “democrazie occidentali”, degenerate in partitocrazie, oligarchie, “Stati etici” (cioè che pretendono di decidere ciò che è bene o male per legge), che nella sostanza esse sono divenute regimi totalitari: non più lo Stato che serve ai cittadini, ma lo Stato che li usa per i suoi fini di potere.
Assistiamo quindi a tentativi più o meno subdoli dello Stato apparato di sostituirsi alla famiglia e ai genitori non solo attraverso la scuola pubblica che li espropria del diritto di educazione dei loro bambini (soprattutto su temi etici sensibili, come le questioni relative al sesso, all’affettività o alle tradizioni religiose), ma anche attraverso i servizi di assistenza sociale: il recente scandalo della Val d’Enza non è che la punta di un orrendo iceberg di portata internazionale. Diceva Chesterton: «La famiglia è una cellula anarchica dove vigono delle regole proprie, che non sono né dello Stato, né del mercato. Una camera di compensazione a protezione dell’individuo. Se gli togli la famiglia, l’individuo diventa il consumatore perfetto, solo davanti al mercato e allo Stato».
Toni Brandi