Si insegna che una delle caratteristiche essenziali della norma giuridica è la “positività” (dal latino positum): cioè è “posta” da chi ha il potere, quindi dallo Stato. Il diritto positivo si distingue (ma dovrebbe adeguarvisi) dal diritto naturale, cioè l’insieme delle regole eterne, fisse e immutabili, scritte nella natura umana.
Sono quelle regole che scaturiscono dalla consapevolezza interiore delle persone – in quanto soggetti di relazione con gli altri – iscritte nella coscienza, espressione della stessa millenaria esperienza umana. Sono regole che esistevano nella preistoria e che sussistono fino ad oggi, come “non uccidere” o “non rubare”, cui corrispondono i diritti naturali, alla vita e alla proprietà.
La nostra Costituzione, ad esempio, “riconosce” i diritti inviolabili dell’uomo, all’art. 2, cioè si inchina, lei, la Costituzione, la “legge delle leggi”, a ciò che è scritto nel diritto naturale.
La progressiva secolarizzazione della civiltà, nell’Ottocento, ha portato alla prevalenza della concezione “positivista” del diritto: la legge è solo quella statuale. Quindi la legge è totalmente relativa al tempo, ai luoghi e alle persone che la promulgano. Il diritto naturale è relegato nel campo della morale, non conta.
E così, a poco a poco, l’uomo ha pensato di potersi appropriare di ciò che è giusto e di ciò che è bene, a sua totale discrezione. Il dittatore si manifesta apertamente in tal senso. Invece lo Stato democratico tende a celarsi dietro l’alibi del principio maggioritario e vuole far passare per giusto e bene tutto quello che la “democrazia” vuole. In tutti e due i casi si assiste alla costruzione di un sistema totalitario, dove lo “Stato etico” pretende di decidere per legge ciò che è bene e ciò che è male: la legge positiva prescinde dalla legge naturale.
Questo accade nella cultura relativista dell’Occidente: divorzio, aborto, droga, eutanasia, “matrimonio” gay, sono legalizzati da norme positive che pretendono di creare nuovi “diritti”. Il diritto al figlio o al non-figlio, per esempio. E tentano di inserire tra quei diritti inviolabili dell’art. 2 ogni desiderio che sia concepito da mente umana: non vogliono rendersi conto che – comunque – questi “nuovi diritti” non sono tra quelli “riconosciuti”, ma sono creati dalla legge!
Infatti, per quanto gli uomini si diano da fare, i diritti naturali non sono modificabili: sono sempre lì, scritti nel cuore dell’uomo. Non c’è “Dichiarazione Universale” che tenga. E il diritto naturale insegna che la legge ingiusta non deve essere rispettata: la disobbedienza civile e l’obiezione di coscienza esistono da sempre, ai tempi di Antigone come ai giorni nostri, in cui la gente perde il lavoro o la libertà pur di non adeguarsi a leggi assassine e contro natura.
Bisogna riflettere con buon senso e razionalità. Non lasciarsi influenzare dalle mode e dalla propaganda. Le leggi contro natura non sono leggi. E con la forza della Verità e del Bene ciascuno di noi può continuare a combattere la buona battaglia per la Vita e per la Famiglia, con la certezza che il male, alla fine, divorerà se stesso.
Antonio Brandi