Il titolo di questo numero di Notizie Pro Vita è tratto da un’antica sequenza liturgica, la Victimae Paschalis, che risale all’XI secolo. L’abbiamo scelto non tanto perché in questo mese cade la Pasqua, ma perché tutti, anche le persone più “laiche”, se razionali, sono consapevoli dell’eterna lotta fra il Bene e il male, tra la Vita e la morte che è intrinseca alla natura umana, sia sotto un profilo sociale, sia storico, sia individuale ed esistenziale. Il libero arbitrio delle persone, dei gruppi e dei popoli è incessantemente messo alla prova…
Fin dalla preistoria, la natura profondamente religiosa dell’homo sapiens lo induceva a credere che dopo la morte la vita dovesse continuare in qualche modo: l’uomo, infatti, ha sempre curato i morti e celebrato la sepoltura, a differenza degli animali. Egli, per natura, riconosce un limite misterioso alla sua esistenza e confida che non sia davvero la fine di tutto.
Ma l’hybris, il desiderio di essere come Dio, ha sempre tentato l’essere umano. E, soprattutto col secolo dei Lumi, si è fatto strada il rifiuto della dimensione creaturale: l’uomo vuol porsi come signore assoluto della vita e della morte. Eliminato Dio e la trascendenza dal suo orizzonte, abbacinato del progresso scientifico e tecnologico che in effetti ha diminuito di molto le cause di morte, da un lato l’uomo si illude di poter governare la vita attraverso la contraccezione e le tecniche di riproduzione artificiale e di poter rimandare la morte a data da destinarsi; dall’altro lato, non potendo dominare la morte, ne diventa dispensatore. Per la tanto osannata autodeterminazione pretende di piegare la realtà ai propri desideri, decidendo lui stesso cosa è Bene e cosa è male. Perso il principio di realtà, si è persa anche la natura ontologica dell’uomo: San Tommaso diceva che agere sequitur esse, cioè l’uomo è uomo per ciò che è e non per ciò che fa. Oggi, invece, si vuol passare il concetto che una persona è tale solo se ha certe caratteristiche: è fuori dal grembo materno, gradita ai suoi genitori/parenti, intelligente, sana, produttiva e anche bella. Chi non possiede queste caratteristiche conduce una “vita non degna d’essere vissuta” e va eliminato, per il suo “bene”, si intende! La morte stessa, infatti, diventa un bene da dispensare a piene mani (senza discriminare!).
Finirà così il genere umano? Chi può dirlo. Quello che noi sappiamo, dalla sequenza che abbiamo citato all’inizio, è che la battaglia è lunga, ma la guerra è vinta: «Siamo certi che Cristo è veramente risorto. Tu, Re vittorioso, abbi pietà di noi».
Buona Pasqua a tutti.
Toni Brandi