1) L’aborto è sempre una tragedia in se stesso.
Perché l’aborto è l’uccisione di un bambino. Sia pur piccolo, allo stato embrionale, fin dal momento del concepimento c’è un essere umano unico e irripetibile, autonomo (anche se non indipendente), nel grembo della madre. A volte le circostanze che inducono una donna ad abortire sono tragiche: la gravidanza può essere conseguenza di uno stupro, al bambino può essere stata diagnosticata una grave malattia. Tuttavia, una tragedia non si risolve con un’altra tragedia. Non si cancella lo stupro uccidendo un bambino. Non si cura un bambino malato togliendogli la vita.
2) L’aborto è l’uccisione di un innocente
Chi si batte contro la pena di morte non può essere a favore dell’aborto: non c’è paragone tra la condanna a morte di una persona adulta che secondo un giusto processo è stata riconosciuta colpevole di crimini gravi e irreparabili, e la condanna a morte di un bambino innocente.
3) L’aborto calpesta il principio di uguaglianza.
I diritti fondamentali di ogni essere umano devono essere garantiti a tutti senza discriminazioni. I bambini non nati sono privati della vita – il diritto fondamentale di tutti – semplicemente in base alla loro posizione (si trovano nel grembo della madre) e al loro stato di sviluppo. Questo è discriminatorio , inumano e crudele .
4) L’aborto punisce il figlio per le colpe del padre.
Un bambino non merita di morire per i crimini di suo padre: un bambino di cinque anni non può essere ucciso perché suo padre è uno stupratore. Un bambino non ancora nato invece sì?Un bambino non merita di morire perché sua madre e / o suo padre sono stati irresponsabili. Il bambino è completamente innocente. Non è lui che ha deciso di avere rapporti sessuali nel momento sbagliato e/o con la persona sbagliata. Non è lui che ha usato un metodo contraccettivo inefficace (è invece l’aborto divenuto talmente banale da essere considerato un sistema contraccettivo esso stesso, purtroppo).
5) L’aborto può nuocere molto anche alla madre.
L’aborto danneggia le donne. Il danno può essere a livello mentale, emotivo, relazionale e fisico – e in alcuni casi, la vita delle donne è messa in pericolo dall’aborto chirurgico o chimico.
6) L’aborto fa male alle relazioni e alle famiglie.
Ogni volta che un membro della famiglia muore, il resto della famiglia ne risente. E questo è vero anche per l’aborto. Un bambino reale, vivo, insostituibile è stato ucciso e i genitori , i fratelli e i nonni ne soffrono. Dopo un aborto volontario i rapporti di coppia vanno in crisi e quasi sempre si sfasciano.
7) Il dolore per l’aborto non passa mai.
Non si potrà mai cancellare ciò che fa l’aborto. L’aborto uccide un essere umano innocente. Il tempo non cancella l’omicidio o né cambia la realtà di quello che è. Anzi. Col tempo molte volte riemerge prepotentemente il dolore e il rimorso che lì per lì sono stati rimossi dalla “necessità” di trovare una “soluzione” a un problema. Il recupero, la speranza e la guarigione sono possibili se si riconosce il male fatto e si elabora il lutto. Ma la cicatrice resta per sempre.
8) L’aborto legale deresponsabilizza il padre.
Le leggi abortiste tolgono al padre qualsiasi voce in capitolo circa l’aborto. Questo aggrava la solitudine della donna che – quando lui se ne lava le mani – non può far niente per metterlo davanti alle sue responsabilità. L’aborto legale è un incentivo – soprattutto per i maschi – a intrattenere rapporti sessuali “usa e getta“, senza alcun rispetto per la donna che “tanto, male che vada, abortisce”.
9) L’aborto deresponsabilizza la società
Quando una donna incinta si trova in difficoltà, se chiede aiuto ai servizi sociali le viene prospettato come soluzione solo l’aborto. Solo il volontariato, in questi 40 anni di aborto legale, offre alternative vere alle madri disperate. Le donne che abortiscono, poi, si ritrovano con gli stessi problemi socio – economici che le avevano indotte al gesto estremo e in più si rendono conto di essere madri di un bambino morto.
10) L’aborto non libera le donne: non è progresso, ma regresso di 2000 anni.
Non è mio “diritto” uccidere il mio bambino. Non è libertà vera la libertà di uccidere. Non è libertà vera la libertà di privare un altro della libertà di vivere. “Liberare” la donna dalla gravidanza vuol dire negarle la sua naturale essenza più profonda, vuol dire odiare le donne e ciò che le rende davvero tali. D’altro canto, riconoscere a una madre il diritto d’uccidere i propri figli è un passo indietro di 2000 anni, allo ius vitae ac necis del pater familias.
Redazione
Fonte: LiveAction