Nella data della Giornata Internazionale della Donna, anche quest’anno, le femministe sono scese in piazza per il loro ormai tradizionale “Lotto Marzo”. Avanzando rivendicazioni contro il “patriarcato”, il “sessismo”, l’“omofobia”, inscenando anche, uno “spettacolo” vergognosamente blasfemo contro l’immagine della Vergine. Di questo e di quanto sia diventata una “festa” ormai piena di retorica, ma anche sempre più violenta, che distoglie l’attenzione dalle discriminazioni davvero ingiuste e ignominiose che oggi subiscono le donne e di cui lo Stato non si fa affatto carico, abbiamo parlato con Enrica Perucchietti, giornalista e scrittrice di successo, che ha all’attivo diverse pubblicazioni tra cui il libro scritto a quattro mani con Gianluca Marletta, “Unisex, la creazione dell’uomo senza identità” e “Utero in affitto”, un’ampia riflessione su questa scottante tematica.
Partiamo da un fatto di cronaca attualissimo: in occasione della ricorrenza di oggi, il solito collettivo di femministe ha sfilato in corteo con una statua blasfema che riprende le fattezze delle statue della Vergine, ma a forma di vagina. Praticamente una donna attaccata da altre donne e proprio oggi. Non ci dà forse questo, la dimostrazione della cecità e dell’accecamento dell’ideologia che alla fine spara nel mucchio?
«Quello che dispiace è che in qualche modo ci si focalizzi sempre su un certo tipo di simbologia anche blasfema, violenta, radicale, fastidiosa oppure anche sul ricorso alla cosiddetta neolingua gender, per cui basta declinare i nomi al femminile per rivendicare una parità che ancora non c’è. Semplicemente questo ricorso a queste immagini violente, se qualche anno fa, poteva sorprendere, disturbare, ormai immersi totalmente in una forma di violenza, di terrorismo mediatico a 360 gradi, questo ricorso a queste tecniche dello shock non serve proprio a nulla, non serve neanche più a stupire».
Continuiamo con un altro fatto di cronaca. Durante questo Festival di Sanremo che ha fatto tanto discutere per disparati motivi, è scoppiata una polemica incredibile perché Beatrice Venezi, tra i più giovani direttori d'orchestra italiani, ha chiesto di essere chiamata direttore e non “direttrice” perché, come ha detto, per lei ciò che più conta è il talento. E’ intervenuta anche Laura Boldrini che all'Adnkronos ha spiegato che "la declinazione femminile la si accetta in certe mansioni come 'contadina', 'operaia' o 'commessa' e non la si accetta quando sale la scala sociale, pensando che il maschile sia più autorevole. Invece il femminile è bellissimo - dice la deputata del Pd - È un problema serio che dimostra poca autostima.” Questa battaglia per la declinazione dei nomi, non è tipica dell’élite, lontane dai veri problemi del popolo, a cui si limita a gettare le briciole di questi assurdi contentini?
«Sì, sono completamente scollati dalla realtà, perché sta diventando da un lato ridicola questa campagna per la declinazione al femminile dei nomi, anche creando dei veri e propri abomini linguistici. E dall’altro, come se fosse una specie di guscio vuoto, nel tentativo, di contenere alcune rivendicazioni totalmente vuote e svuotate. Cioè si svuotano i termini, si declinano, se ne creano di nuovi, per cercare di dimostrare che ci si sta battendo per i diritti delle donne, quando, in realtà, si stanno adottando delle tecniche orwelliane».
Veniamo ancora ad altri fatti di cronaca, seppure non entrando nello specifico, verificatesi abbastanza frequentemente in questo periodo: gli episodi che hanno interessato le atlete donne che si sono viste inserire nella loro categoria atleti transgender, dai quali sono state poi, puntualmente battute (per ovvie ragioni fisiche). C’è un dibattito che sta schiacciando le donne, quello sull’identità di genere: raccontare che chiunque si sente donna è donna, è una grande violenza per le donne stesse che si traduce in situazioni concrete. Vogliamo soffermarci sugli “abusi” sulle donne promossi da questa dilagante ideologia?
«Per me è stato emblematico il caso della Rowling. Nel senso che la Rowling è stata accusata di omotransfobia e tra l’altro di essere una Terf e cioè una femminista radicale che esclude i trans, semplicemente per aver sostenuto che il sesso biologico è un dato oggettivo e che le donne transessuali non sono vere donne. Secondo me è un fatto emblematico di come, dietro questi mantra politicamente corretti, dietro il finto buonismo del mondo LGBT, si celi una violenza inaudita perché è stata insultata e abusata delle peggio cose sui social. Qualcosa di simile tra l’altro, è successo anche con Arcilesbica, perché, sempre più femministe, si stanno rendendo conto dell’inganno che c’è dietro questa ideologia e che le campagne a favore dei transessuali, finiscono per sminuire le conquista ottenute dalle donne e dalle femministe. Dall’altro poi, si innesta qui, il problema legato alla maternità surrogata, perché le femministe che condannano o portano alla luce questi problemi legati al gender, sono sempre quelle femministe che vengono accusate di essere omofobe o omotransfobiche perché sono contrarie a quell’abominio che è l’utero in affitto perché sfrutta e mercifica il corpo femminile. Quindi penso che questo caso che tu hai citato sia proprio emblematico di come in realtà, le rivendicazioni, le battaglie per i diritti delle donne, siano sempre più osteggiati da questa dottrina degli studi di genere, che ha preso sempre più piede e che non è stata evidentemente abbastanza frenata quando si poteva. Così ora ci sono delle assurdità che hanno preso piede e che diventa sempre più difficile pronunciare, pena la denigrazione e il biasimo collettivo».
Vogliamo spiegare perché avere ben presenti e affermare le peculiarità della donna rispetto all’uomo, non è un volerle sminuire, anzi?
«Assolutamente! Ci può essere un’unicità nella diversità. Invece, questo tentativo di livellare, spersonalizzare i generi, i sessi e creare questa entità amorfa e senza forma, è non solo pericoloso e sta danneggiando le donne, ma rischia di creare una forma di disorientamento totale nelle future generazioni, che stanno crescendo sottoposte ad un bombardamento di nuovi stereotipi, che portano solo confusione e ad un processo di spersonalizzazione che porterà i giovani ad essere disorientati e senza punti di riferimento, sempre più facilmente manipolabili dal potere».