Austin Ruse, Presidente di C-Fam – Center for Family and Human Rights, ci ha comunicato che alla riunione annuale alle Nazioni Unite sui diritti delle donne si è sentito nell’aria un cambiamento epocale, a proposito di aborto e di “diritti sessuali e riproduttivi”.
Per i delegati dell’Unione Europea (Spagna e Francia in testa) è stata una doccia fredda (e poi si sono indignati, hanno protestato...) quando hanno udito gli Stati Uniti opporsi alla propaganda dell’aborto e dell’educazione sessuale (alla contraccezione e all’aborto) precoce.
Dopo otto anni di ardente difesa dell’aborto libero subito gratuito senza se e senza ma, gli Stati Uniti si sono alleati agli africani e alle altre nazioni prolife per sottolineare che laddove si parla di “salute sessuale e riproduttiva” e di “diritti riproduttivi” non bisogna sottintendere l’aborto, soprattutto in quei paesi dove non è legale. La legge dei singoli stati va rispettata, secondo la legge internazionale della non ingerenza. Ha detto la delegazione USA che il consenso internazionale sulle politiche ONU circa i “diritti sessuali e riproduttivi” «non deve servire a creare nuovi diritti internazionali, né tantomeno un fantomatico diritto all’aborto».
Questo è un importante passo in avanti per la vera tutela dei diritti delle donne, che sono stati in realtà gravemente compromessi dalla legalizzazione dell’aborto.
Questo è ancor più importante in questo momento in cui, per le strade di New York, un autobus che chiedeva “libertà di parola” (come quelli che giravano in Spagna), è stato brutalmente vandalizzato solo perché osava spiegare che i maschi e le femmine sono diversi.
C’è ancora molta strada da fare, quindi, nella tutela dei diritti delle donne (e degli uomini), ma in sede ONU, dove da sempre ha fondato le sue radici la cultura della morte, ora si comincia a respirare un’aria nuova.
Redazione
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