30/01/2020

Aborto farmacologico, a processo medico e paziente a Faenza

Ha fatto appena in tempo a nascere, ad affacciarsi alla vita, per poi spegnersi 48 ore dopo.

Parliamo della triste storia di un bambino nato prematuro, a Faenza, così piccolo da pesare appena 480 grammi, ma non si è trattato di un aborto spontaneo ed è proprio questo il lato tragico della vicenda, ovvero un’interruzione di gravidanza avvenuta con il Cytotec, un farmaco capace di indurre il travaglio e oltre il limite stabilito dalla legge 194 che consente l’aborto in una struttura ospedaliera entro i primi 90 giorni di gestazione e entro la 22esima settimana di gravidanza ma solo per seri motivi di salute. In questo caso si è davvero sforato il limite massimo consentito.

Per questo motivo la Procura ha chiesto il processo per un medico faentino e per la mamma del bambino, una giovane immigrata di vent’anni.

Nell’udienza preliminare che si terrà a metà febbraio davanti al gup Sabrina Bosi, saranno chiamati entrambi a rispondere della morte del bambino, come conseguenza del reato di violazione della legge che regola, appunto, l’interruzione di gravidanza, definendone le modalità e i limiti. In particolare al medico che ha assistito la giovane donna viene contestata la prescrizione del farmaco in questione. E alla giovane la conseguente assunzione volontaria alla 24esima settimana proprio per arrivare all’aborto.

Se poi pensiamo che L’Aifa, Agenzia Italiana del Farmaco, da qualche anno ha dato il via libera alla vendita della pillola del giorno dopo (Norlevo) anche senza ricetta medica, c’è davvero da mettersi le mani nei capelli, perché chissà quante volte la vita nascente è stata soppressa, senza avere nemmeno il tempo di germogliare.

 

di Manuela Antonacci

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