Numerose sono state le reazioni delle donne alle dichiarazioni di Michelle Williams al Golden Globes, dove avrebbe presentato il “diritto” all’aborto come causa del suo successo. Avevamo già parlato di quella modella, Leah Darrow, che, in procinto di partorire il suo quinto figlio, aveva deciso di lanciare un videomessaggio, spiegando «che i bambini non ci tengono lontane dalla nostra vita, ma rendono la nostra vita migliore».
Anche Claire Chretien, dopo le dichiarazioni della Williams, ha scritto su LifeSite News un articolo – di cui ne citiamo gran parte - che può aiutarci a capire come i figli non siano un ostacolo, ma un vero dono per la vita di ogni donna.
«La genitorialità richiede sacrificio. La gravidanza porta spesso con sé una notevole sofferenza: nausee mattutine, fitte e dolori, vertigini, estrema stanchezza. Dopo la gravidanza arriva il parto, che nessuno finge sia facile, e poi notti insonni con un neonato che richiede un'attenzione costante.
A meno che una donna non abbia il privilegio di assumere un'infermiera notturna, una tata, una cameriera e un personal trainer, il periodo post-partum significherà rinunciare, per lo meno, sia al sonno, che al tempo, a una casa pulita o a un corpo scolpito.
Certo, un bambino non significa necessariamente che una donna non possa avere successo professionalmente. Ma un bambino molto spesso significa, soprattutto per i meno privilegiati, che il "successo" professionale deve essere ritardato, abbandonato o ridefinito. È una cosa così brutta?
La genitorialità cambia uomini e donne. La maggior parte dei genitori dice che li ha resi meno egoisti. La maggior parte dice anche di amare i loro figli molto più di qualsiasi lavoro, e che non scambierebbero neanche per un milione di dollari il sentir dire per la prima volta al loro bambino “Mamma” o “Papà”».
Una società che tiene al bene delle donne non le spinge all’aborto, non dice loro che senza una super carriera non sono “emancipate”; riconosce sempre, piuttosto, il loro valore e le aiuta ad accogliere la Vita, senza abbandonarle.
di Luca Scalise