Cosa hanno in comune l’aborto, lo scrittore Herman Hesse e la democratica Hillary Clinton?
Molto più di quanto crediamo, dato che solitamente ad Hesse viene attribuita la frase secondo cui: “Anche un orologio fermo segna l’ora giusta due volte al giorno“.
Una sottolineatura intelligente alla luce della quale si può affermare che la verità è qualcosa di talmente forte che anche ai bugiardi – come fa un ‘orologio fermo’ con ‘l’ora giusta’ – capita, ogni tanto, di dire ogni cose vere, seppur magari nell’ambito di un discorso menzognero.
E’ per esempio quando recentemente accaduto alla democratica Hillary Clinton, che in un’intervista ha toccato il tema dell’aborto.
Infatti la moglie di Bill Clinton – che, com’è noto, è in corsa per la Casa Bianca come candidata Presidente – ha affermato che un bambino, anche poche ore prima della nascita, non ha diritti costituzionali, tra cui quello alla vita, e che l’unica che può decidere se sopprimerlo o meno è la donna.
Solita minestra dell’estremismo abortista, si dirà: e invece no. L’aspetto nuovo che fa somigliare la Clinton a un ‘orologio fermo’ con ‘l’ora giusta’ sono le sue precise parole: “The unborn person doesn’t have constitutional rights“.
Notate nulla di strano? La Clinton, diversamente dalla tendenza che vuole si parli soltanto di feto, ha parlato di “unborn person“. Cioè ha affermato che il bambino non nato è una persona: qualcosa di enorme, se si pensa che questa ammissione – appunto – non soltanto viene da una politica abortista, ma è addirittura affiorata durante un suo discorso a favore dell’aborto.
I casi della vita, si dirà. Quel che è certo è che quell’espressione, “unborn person“, costituisce una grande verità sulla quale nessun pro-life ha dei dubbi: non esiste infatti nessuna tipologia di argomentazione – né filosofia, né biologica, né strettamente bioetica – in forza della quale si possa negare la realtà del figlio non ancora nato.
Una realtà che è quella di un soggetto, un essere pienamente umano, non ancora nato ma che risponde a stimolazioni esterne già a 20 settimane (Arch Dis Child.1994;71(2):F81-7), e a 29 ha una propria facoltà uditiva (Early Hum Dev.2000;58(3):179-95), al punto da far registrare – sempre alla 29° settimana di gestazione – variazioni cardiache quando ascolta la voce della madre (Dev Sci.2011;14(2):214-23).
Si tratta pertanto di qualcuno che, già nel grembo materno, intrattiene una vita relazionale (Neuroendocr. Lett.2001;22:295–04), capace di memorizzare fra le altre proprio la voce di sua madre (Acta Paediatr.2013;102(2):156-60).
Qualcuno con un’esistenza di ritmi giorno-notte (Semin Perinatol.2001;25(6):363-70), di riconoscimento di profumi (Clin Perinatol.2004;31(2):261-85) e, come già detto, di memoria (Neurorep.2005;16(1):81-4). Qualcuno, come noi, in grado di sperimentare pure il dolore (Semin Perinatol.2007;31(5):275-82; Anesthes.2001;95(4):828-35).
Tutto ciò porta a comprendere quanto sia vero il fatto che si è a tutti gli effetti persone anche prima della nascita, precisamente da quando – secondo quanto scrive quanto scrive Scott. F. Gilbert, autore di Biologia dello sviluppo, testo che fa da riferimento nella materia – i gameti “si fondono creando un nuovo individuo con un corredo genetico derivato da entrambi i genitori” (Developmental Biology, 2000). Un nuovo individuo composto da poche cellule, ma che già prima dell’impianto in utero intraprende un dialogo fitto con il corpo della madre.
Probabilmente la Clinton non sa o non vuole ammettere tutte queste cose, e certamente – parole sue – è abortista al cento per cento. Ma proprio per questo, come si diceva poc’anzi, colpisce che, forse senza rendersene del tutto conto, abbia scandito quelle due parole – “unborn person” -, che racchiudono le ragioni della battaglia per la vita e della difesa del bambino a rischio di aborto. Non è dato sapere quando alla democratica in corsa per la Casa Bianca toccherà nuovamente, sui temi eticamente sensibili, di inciampare sulla verità. Ma le auguriamo – per il bene suo e della causa pro-life – possa accadere presto.
Giuliano Guzzo