Rimasta incinta dopo uno stupro: “Volevo un aborto. Adesso non potrei mai immaginare di rinunciare al mio meraviglioso bambino”.
Betty Michael Esene è un organizzatrice di eventi e make-up artist nel suo paese, la Nigeria.
È stata violentata lungo la strada, mentre stava andando a sostenere un esame per la sua professione. Come accade a molte donne che subiscono violenza, dopo questo avvenimento, Betty continuava a ripetersi che non era successo niente, talmente era forte il desiderio di dimenticare.
Un mese dopo ha scoperto di essere incinta.
“Mi odiavo, odiavo quello che era successo, e soprattutto, odiavo il bambino. Il mio primo pensiero è stato “ABORTO” – racconta Betty. “Ero una giovane che lottava per migliorare il proprio futuro e quello della sua famiglia. Il bambino avrebbe rovinato le mie speranze e le aspirazioni per il futuro”.
Una reazione assolutamente comprensibile dal punto di vista della povera ragazza. Ma al punto di vista del bambino incolpevole, chi ci pensa?
Betty non aveva i soldi per abortire in una struttura (tipo quelle di Planned Parenthood). Perciò, ha tentato di farlo da sola prendendo alcuni farmaci pericolosissimi per la gravidanza, fino al settimo mese (!) e colpendosi la pancia ripetutamente, ma il bambino non voleva morire.
Così, dopo 7 mesi di gravidanza vissuti nella depressione e con istinti suicidi, Betty si è finalmente decisa a chiedere aiuto raccontando alla sua famiglia quello che le era successo.
E grazie al sostegno della madre e di una ONG della Nigeria – Betty ha avuto il suo bambino!
Questo è quello che questa giovane mamma coraggiosa ha scritto per Save The 1 , un blog nato per sostenere ed incoraggiare le donne che rimangono incinta a seguito di uno stupro.
“È stato un travaglio difficile, ma nel momento in cui l’ho tenuto tra le braccia sentivo una pace interiore. Ora lo guardo e mi chiedo come avrei potuto rifiutare una così gloriosa benedizione. È il regalo più bello e più dolce che la vita mi ha dato! Il suo sorriso mi dà un motivo per essere forte e andare avanti con la mia vita. […] Io non lo vedo come un prodotto della violenza; piuttosto, lo vedo come un bambino del Destino, mandato da Dio. […]
La gente deve capire che Dio non “manda” gli stupratori. Tutti noi abbiamo il nostro libero arbitrio; piuttosto Dio usa una situazione dolorosa per ricavarne qualcosa di buono: il bambino! Non giudico una ragazza spaventata che vuole abortire perché ho quasi fatto la stessa cosa, ma la mia posizione sta nel considerare il bambino come figlio della vittima e non del violentatore, nel considerarlo come un essere umano con sentimenti e aspirazioni.
Il bambino non ha alcuna colpa di quello che è successo, ed ha il diritto di vivere. Ogni bambino ha una vita da vivere, specialmente i bambini nati da uno stupro. Hanno un grande futuro ed un creatore – Dio – che non li ha mandati sulla Terra per errore. Non sono il prodotto del violentatore, ma dell’opera creatrice di Dio.”
Come dice Betty, noi non giudichiamo nessuno, anzi: la nostra missione è proprio quella di dare aiuto e speranza a tutte quelle mamme, o future mamme, che si trovano in difficoltà, si sentono sole, abbandonate e non vedono altra soluzione oltre all’aborto.
La nostra missione è quella di far capire che ogni aborto fa sempre due vittime: il bambino e la sua mamma.
E noi vogliamo che si salvino entrambi.
Fonte : LifeSiteNews
Laura Bencetti