Il tema dell’aborto, come sappiamo, è molto caldo in Cile, dove una proposta di legalizzazione già è stata approvato alla Camera per volontà del capo del governo, la socialista Michelle Bachelet.
In tanti però sono scesi in piazza per difendere il diritto alla vita sin dal concepimento.
Tra le varie realtà associative che stanno lottando contro l’introduzione dell’aborto nel paese, c’è Chile es Vida, che ha organizzato il concorso “Un video per la vita”.
La vincitrice è stata una ragazza di 17 anni, Florencia Galilea (nella foto sopra), che ha realizzato una breve intervista a dei bambini. Il video è davvero commovente. A parlare infatti non sono – come scrive la giovane all’inizio del filmato – politici, capi religiosi o membri di qualche gruppo, ma, per l’appunto, bambini e bambine di età compresa tra i cinque e gli otto anni.
Interrogati sull’aborto, i piccoli offrono una spontanea quanto splendida testimonianza a favore della vita.
Tenendo in mano in mano il modellino di un feto di 12 settimane (quando ancora può essere abortito), non hanno dubbi: si tratta di un essere umano. Ecco la semplicità del sano e comune buon senso, che si oppone drasticamente all’ideologia di quanti, manipolando persino la scienza, continuano a sostenere che l’embrione e il feto sono solo grumi di cellule ed esseri “non-umani”.
Florencia domanda ai bambini se farebbero del male a quell’esserino e la risposta è unanime: “No”. Perché? Semplice: perché meritano di vivere come tutti. Pertanto, al termine dell’intervista, i piccoli chiedono ai politici che stanno approvando la legge di non uccidere i nascituri.
Florencia Galilea ha dichiarato ad AciPrensa che l’aborto non è e non potrà mai essere un segno di progresso. Il Cile non ha bisogno della legalizzazione dell’omicidio degli innocenti, ma caso mai di progressi nel campo delle cure e dell’assistenza alle donne incinta.
Il video si conclude ricordando che la principale causa di morte violenta in tutto il mondo è proprio l’aborto legale: ogni ora muoiono a causa dell’aborto di Stato 5.700 bambini. Ergo, se si vuole un Cile più inclusivo e tollerante – chiosa – sarebbe il caso di partire dal rispetto per la vita dei più indifesi, ovvero dei nascituri.
Redazione
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