La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha riconosciuto il diritto di manifestare contro l’aborto.
Dovrebbe essere una libertà fondamentale indiscutibile quella di fare sit in o assemblee in modo pacifico di fronte a quei luoghi dove di ritiene accadano fatti censurabili (si pensi alle svariate manifestazioni di fronte alle ambasciate di Paesi “X”, o di fronte a Ministeri “Y”).
Invece, da decenni, la cultura della morte mette in discussione il diritto di manifestare – addirittura anche quello di pregare – fuori dagli ospedali dove si pratica la strage degli innocenti dei nostri tempi, l’aborto legale.
Ne sanno qualcosa le persone che sono finite in prigione per questo (in Canada è eclatante il caso di Mary Wagner), in Paesi che si vantano d’esser fari di democrazia e rispetto dei diritti umani. Ne sanno qualcosa i volontari della Comunità Papa Giovanni XXIII o di Ora et Labora in Difesa della Vita e No-194, che spesso durante le loro veglie di preghiere devono affrontare la violenza – non solo verbale – di “democratici” gruppi di abortisti inferociti, spesso appoggiati dalle autorità amministrative.
I cultori della morte infatti si arrabbiano particolarmente con i “sidewalk counsellors” (consulenti sul marciapiede) che salvano molte vite, inducendo qualche mamma a un ripensamento in extremis proprio quando sta per entrare nel luogo dove con l’aborto ferma il cuore del suo bambino e spezza profondamente il suo – anche se lì per lì non vuole ammetterlo e non lo riconosce.
Alla CEDU, ieri, è stata emessa una sentenza importante per chi lotta in favore della vita. Nel caso di Annen contro la Germania, la sent. n. 3690/10 del 26 novembre 2015, ha sancito l’illegittimità delle norme statali che vietano la distribuzione di volantini anti-aborto vicino a cliniche e ospedali. Per il diritto fondamentale e incoercibile di libertà di manifestazione del pensiero è anche lecito fare i nomi, presenti, ad esempio, su un sito web di medici abortisti.
L’ECLJ (Centro Europeo per la Legge e la Giustizia) è intervenuta nel procedimento come terza parte e ha presentato le sue osservazioni scritte a sostegno della libertà di parola.
Questa decisione è particolarmente gradita perché la CEDU nella sua giurisprudenza non è sempre stata molto coerente con la difesa dei diritti inviolabili dell’uomo che – ricordiamo – non sono quelli decisi da giudici o da legislatori umani, ma sono quelli immutabili e assoluti che sono scritti da Dio o – per i “laici”- dalla natura umana, in ogni coscienza, in ogni tempo e in ogni luogo.
Nel luglio del 2005, il signor Annen volantinava nelle immediate vicinanze di una clinica che eseguiva aborti. Sui volantini c’erano i nomi di due medici della stessa clinica, che eseguivano aborti legali per la legge positiva, umana, ma sempre illegali per la legge divina.
Il retro dei volantini paragonava lo sterminio “legale” dei bambini abortiti allo sterminio “legale” di esseri umani che avveniva ad Auschwitz. Il sito web gestito dal signor Annen, www.babycaust.de, riportava cose analoghe e i nomi di altri medici abortisti.
Nel gennaio 2007 un tribunale tedesco aveva condannato il sig. Annen a interrompere tale attività, sia per la strada che sul web.
Nella sua decisione, la CEDU ha rilevato che i giudici tedeschi avevano calpestato il diritto del sig. Annen alla libertà di espressione. La Corte ha inoltre condannato la Germania a versare al sig. Annen 13.696 euro di rimborso spese e risarcimento del danno.
La sentenza è stata approvata a maggioranza. Contrari i giudici Yudkivska e Jäderblom.
La Germania ora ha tre mesi di tempo per impugnare la sentenza alla Grande Chambre della CEDU.
Francesca Romana Poleggi
Fonte : http://www.eclj.org