Quando un aborto non riesce “bene” c’è caso che il piccolo nasca vivo. Tanto più è probabile, quanto più l’aborto è tardivo.
Il dottor Saunders è un ex chirurgo, amministratore delegato della Christian Medical Fellowship, un’organizzazione con sede nel Regno Unito, cui aderiscono 4.500 medici e un migliaio di studenti in medicina.
Ha recentemente pubblicato sul suo blog http://pjsaunders.blogspot.it/2014/02/66-babies-born-alive-after-abortion-in.html un post in cui rilancia un problema che è stato posto al Consiglio d’Europa: intraprendere un’azione normativa per garantire ai bambini che sopravvivono nonostante l’aborto cure mediche e assistenza in ossequio della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Infatti, a quanto risulta da un’inchiesta condotta dalla stampa britannica, sono almeno 66 i bambini che in un solo anno, e solo in Inghilterra e Galles, sono sopravvissuti all’aborto. Il dato proviene da una relazione del CEMACH [ Confidential Enquiry in Maternal and Child Health ] del 2005. Di queste 66 creaturine, 16 sono state abortite a 22 settimane di gestazione ( o dopo) e sono morte dopo un’agonia che è durata da 1 a 270 minuti dopo la nascita (in media più di un’ora). I rimanenti 50, di età gestazionale inferiore alle 22 settimane, hanno agonizzato da 0 a 615 minuti (in media 55 minuti). I successivi rapporti del CEMACH, del 2009 e del 2011, non riportano alcuna notizia in proposito: era forse una statistica troppo pesante da sbandierare, quindi si preferisce ignorare e non rilevare i dati: dato che l’aborto è legale fino a 24 settimane in Gran Bretagna, chissà quanti casi ancora si sono verificati e si verificano. La questione si pone in altri paesi: in Svezia e nella nostra bella Italia, dove i casi di Rossano Calabro e di Firenze sono forse ancora freschi nella memoria di qualche nostro lettore. La Norvegia, per evitare questi episodi, ha deciso all’inizio del mese di gennaio di vietare completamente l’aborto dopo 22 settimane.
In USA e in Canada i termini per abortire sono ancora più lunghi, quindi sono ancora di più i bambini che ostinatamente si rifiutano di morire; Gianna Jessen insegna: molti di questi bimbi ce la fanno e vengono adottati, e da grandi si costituiscono in vere e proprie associazioni di auto aiuto (si veda ad esempio www.theabortionsurvivors.com): non è facile convivere psicologicamente con la consapevolezza di essere scampati a un tentativo di eliminazione da parte della propria madre biologica.
Noi di Pro Vita abbiamo dedicato il primo piano del numero di settembre https://www.provitaefamiglia.it/rivista//settembre-2013/ della nostra rivista mensile a “I sopravvissuti”: rimandiamo ad esso chi voglia approfondire.
Intanto, in attesa della risposta del Consiglio d’Europa al problema prospettato dagli inglesi, ci facciamo una domanda su cui invitiamo chi legge a riflettere ben bene: ma come mai che anche in Italia c’è il problema dei bimbi che sopravvivono all’aborto? La nostra legge 194 permette l’aborto solo fino al terzo mese: lo dicono tutti! Chissà: forse non è vero???
di Francesca Romana Poleggi