L’anima mortifera dell’Unione Europea si è messa in moto per aumentare i finanziamenti all’aborto nel mondo.
I nostri corrispondenti in Danimarca ci hanno comunicato che il Ministro danese per lo Sviluppo, Ulla Tørnæs, sembra abbia intenzione di inviare una lettera comune, firmata da alcuni Stati membri dell’UE a Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, e al croato Neven Mimica, commissario europeo per la cooperazione internazionale e lo sviluppo.
La lettera, esprimendo solidarietà con le donne e le ragazze “colpite” dalla decisione di Trump di tagliare i fondi americani alla International Planned Parenthood, chiederebbe l’aumento dei finanziamenti comunitari all’aborto.
La lettera ricorderebbe l’analoga posizione dell’Unione Europea che stanziò 32 milioni aggiuntivi per l’aborto, quando Bush ai suoi tempi fece il passo analogo a quello di Trump. La questione dovrebbe essere discussa in occasione di una riunione informale dei ministri responsabili per lo sviluppo, che è prevista per il 16 marzo.
La Tørnæs ha invitato solo alcuni Stati membri dell’UE ad aderire a tale iniziativa.
Malta, l’Ungheria, la Polonia, la Lettonia e la Croazia non sarebbero proprio stati calcolati: evidentemente sono considerati indegni di partecipare alla discussione sul tema: non sia mai che qualche voce si levasse per la vita e contro l’aborto....
Non si sa quali Governi abbiano finora aderito all’invito. Ufficiosamente si dice che Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi sono stati tra i primi.
La lettera in questione è – come da copione – infarcita di espressioni neolinguesche e politicamente corrette: non parla mai esplicitamente di aborto, ma invoca il «sostegno ai diritti umani, l’uguaglianza di genere e l’accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva»; ha a cuore «l’empowerment delle donne e delle ragazze come fattori chiave dello sviluppo sostenibile», esprime preoccupazione per il recente rientro in vigore della Mexico City Policy in USA, e invoca la tutela del «diritto di ogni donna e di ogni ragazza di decidere liberamente su questioni relative al proprio corpo e la sua vita». Sfugge, ovviamente, che il bambino in grembo ha una “sua” vita: ma questo, pare, non conti.
E poi insiste su «l‘impegno dell’UE per la salute e i diritti sessuali e riproduttivi» che «rimane particolarmente importante e rilevante nel clima politico attuale». Quindi l’UE deve dare «prova di solidarietà con i milioni di donne, bambine e adolescenti che hanno bisogno di accedere ai moderni metodi di contraccezione, informazioni e servizi» (visto che cura nell’evitare la parola “aborto”?)
E quindi conclude con una sorta di chiamata alle armi dell’Europa compatta contro gli USA: «L’Unione europea dia un maggiore sostegno alle organizzazioni interessate per contrastare l’impatto della politica degli Stati Uniti. Facciamo appello all’Unione europea di aumentare il finanziamento e fare un maggior uso della sua influenza a sostegno della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi».
Il tutto, si badi bene, con i soldi nostri: perché sono le imposte e le tasse dei contribuenti che vanno a finanziare l’aborto in giro per il mondo. Dal grafico qui sotto, tratto dal sito OECD, potete vedere che già l’Italia (cioè noi, cittadini contribuenti) spende ogni anno più di 4 miliardi di dollari per la solidarietà nel mondo. E certamente – per quanto ci sia la crisi – la nostra è comunque una condizione di “ricchi” rispetto alle povertà che ci sono nel mondo. Ma che questi denari vadano aumentati per finanziare l’aborto...
Siamo già abbastanza indignati dal dover pagare tutti per l’aborto qui in Italia (anche di donne ricche o ricchissime).
Vigiliamo e protestiamo. E poi, quando andiamo a votare, ricordiamoci di come si comportano i questi frangenti quelli che ci dovrebbero rappresentare.
Redazione