30/03/2021 di Manuela Antonacci

Aborto, un tema che crea sempre scandalo. In dialogo con padre De Cristofaro, che lo paragonò alla Shoah

Il tema dell’aborto è, da sempre, uno degli argomenti più importanti su cui l’associazionismo pro life italiano e la Chiesa cattolica sono irremovibili nell’affermare le proprie ragioni. La Chiesa, in particolare ha sempre portato avanti una vera e propria battaglia per la strenua difesa dei bambini nel grembo materno.

Per questo abbiamo deciso di approfondire l’argomento con padre Bruno de Cristofaro, religioso nella diocesi di Mazara che all’argomento ha dedicato anche un dibattutissimo video.

 

Padre Bruno, mons. Suetta, vescovo di Ventimiglia-Sanremo, intervistato ultimamente sulla legge 194, ha detto, senza giri di parole, che se una legge è ingiusta va abrogata ed ha aggiunto, tout court, di essere da sempre a favore dell’abolizione di tale legge. Che ne pensa? E come si deve porre, secondo Lei il cristiano di fronte ad un tema così drammaticamente importante, come l’aborto?

«Lo scorso 22 novembre, Papa Francesco ha indirizzato una lettera alle donne che in Argentina si stavano battendo per contrastare la legalizzazione dell’aborto. Dopo averle ringraziate «di cuore per il loro operato e la loro testimonianza» e averle incoraggiate ad «andare avanti», ha detto loro: «il Paese è orgoglioso di avere donne così. Il problema dell’aborto non è una questione principalmente di religione, bensì di etica umana, prim’ancora che di qualsiasi confessione religiosa. È bene porsi due domande: per risolvere un problema, è giusto eliminare una vita umana? Ed è giusto assumere un killer?». L’intervento di mons. Suetta circa il dovere di abrogare la 194 procede esattamente sulla stessa linea, la linea che la Chiesa cattolica porta avanti fedelmente da venti secoli, condannando -senza se e senza ma- la barbara pratica dell’aborto. Inoltre, come fa notare il Pontefice, una legge abortista non ripugna anzitutto la coscienza religiosa quanto quella umana, a prescindere dal credo professato. E a prescindere dalla maggioranza che l’ha eventualmente approvata. Va infatti ricordato a tutti quelli che ritengono la 194 una legge intoccabile a motivo della sua approvazione parlamentare e della successiva “ratifica” referendaria, quanto affermava il pagano Cicerone (già questore della splendida città da cui scrivo): «se la volontà popolare, o un decreto del sovrano, o una disposizione della magistratura fossero sufficienti a far sì che una cosa diventi giusta, allora basterebbe un semplice voto della maggioranza per far considerare giusta e legittima la rapina, l’adulterio o la falsificazione di testamenti» (De legibus). Di più: la legge 194 non solo è discutibilissima, ma non può neanche essere considerata obbligante, dal momento che è da ritenersi legittima solo la norma: «che distingue ciò che è giusto e ciò che è ingiusto secondo la natura stessa delle cose… In caso diverso, una legge non solo non dovrebbe essere considerata tale, ma neppure dovrebbe averne il nome» (De legibus). Infine, per quanto la pratica dell’aborto volontario esista da sempre, questa non ha mai avuto nulla a che fare con la medicina e con il diritto. Almeno fino agli anni ’30 dello scorso secolo, quando la Germania nazista inventò (a onor del vero, rubando l’idea ai sovietici) l’aborto di Stato. Mai, prima di comunismo e nazismo, l’aborto è stato praticato dai medici negli ospedali, col beneplacito della legge e i soldi dei contribuenti. Piaccia o no, questa è la storia. I cristiani che oggi si limitano ad auspicare nient’altro che “una buona applicazione” della 194, non sanno quello che dicono. Nessuno teme di passare alla storia come la generazione ha taciuto davanti all’ecatombe?».

Il 27 gennaio scorso ha fatto il giro della rete un Suo video, in cui nel far riferimento alla Giornata della Memoria, insieme al genocidio degli Ebrei, Lei ha citato gli olocausti che quotidianamente vengono commessi a danno della vita innocente con l’aborto volontario. In particolare ha ricordato un episodio che ha come protagonista il dottor Mengele, soprannominatol’angelo della morte” che un giorno tracciò una linea su un muro, alta circa un metro e mezzo; chi la superava in altezza, tra i bambini e i ragazzi, poteva vivere, tutti gli altri erano destinati alle camere a gas. E Lei, nel video si chiedeva che differenza ci fosse tra il dottor Mengele e una legge che stabilisce che come esseri umani meritiamo tutela solo dal terzo mese di gestazione in poi, sottolineando “c’è la stessa arbitrarietà”. Parole che, seppure sorrette da un impeccabile filo logico, hanno suscitato un vespaio incredibile di polemiche. Vogliamo ritornare un attimo sull’argomento, magari per chiarire meglio intenti e contenuto?

«Non a tutti, evidentemente, è dato di amare la logica. Molti le preferiscono gli slogan. E gli insulti più bassi, fino alle minacce più fosche. Ma nihil novi sub sole: tutti i ProLife del mondo sanno che difendere la sacralità della vita significa attirarsi l’odio feroce degli sponsor della morte. Mi hanno accusato di “criminalizzare le donne”. Un colpo tanto scontato quanto inconsistente. Le parole del mio video sono cristalline (molti dei miei detrattori non lo hanno neanche visto): io ho puntato il dito contro la legge e contro l’ideologia che la supporta. E contro nessun altro. Di più, ho additato una legge che per ogni aborto fa almeno due vittime: il figlio e la madre. Anzitutto perché la donna che abortisce non lo fa per scelta bensì perché non ha scelta: lasciata completamente sola da uno Stato che non le offre alternative reali, plagiata da una cultura che vuol convincerla che in grembo non ha un figlio, spesso abbandonata da un maschio vigliacco, costretta da genitori ipocriti, mal consigliata da laureati macellai, e via manipolando... In più, fra le centinaia di donne che hanno abortito che ho incontrato nella mia vita, non ce n’è una che non sia amaramente pentita e che non recrimini le indegne pressioni subite per abortire. È inutile continuare a riesumare la stantia retorica femminista anni ’70 per rivoltare la frittata: abolire la 194 e sostenere la maternità è un dovere che abbiamo precisamente nei confronti delle donne. Tornando all’arbitrarietà che denuncio nel video incriminato, vorrei far notare che fra gli argomenti che vennero usati dagli abortisti per far approvare la legge 194, spicca un’ormai dimenticata perla di Adele Faccio, la radicale che nel 1975 ebbe a dire: «Fatemi capire perché bisogna difendere il diritto alla vita di migliaia di esseri deformi, inadatti, incompleti, che riempiranno quel museo degli orrori che è il Cottolengo. Fatemi capire perché è sacro il diritto di venire al mondo di un handicappato». Ebbene, non c’è un italiano senziente che non provi profonda vergogna sapendo che nel proprio Paese esiste una legge fondata su argomentazioni di questo tenore. Le stesse argomentazioni che costituivano l’asse portante del Programma T4, il piano del Terzo Reich per l’eliminazione sistematica di tutti i disabili della nazione (è ampiamente dimostrato che le camere a gas nacquero precisamente a questo scopo). Per l’accostamento fra Aborto e Olocausto, c’è anche chi ha invocato, oltre all’intervento del Vescovo, perfino quello di Papa Francesco contro di me. Verrebbe da ridere ma la cosa dice del clima inquisitoriale e totalitario che si è instaurato sulla 194. A proposito, urge ripasso: «Quando ero ragazzo, la maestra ci insegnava storia e ci diceva cosa facevano gli spartani quando nasceva un bambino con malformazioni: lo portavano sulla montagna e lo buttavano giù, per curare “la purezza della razza”. E noi rimanevamo sbalorditi: “Ma come, come si può fare questo, poveri bambini!”. Era un’atrocità. Oggi facciamo lo stesso. Voi vi siete domandati perché non si vedono tanti nani per la strada? Perché il protocollo di tanti medici – tanti, non tutti – è fare la domanda: “Viene male?”. Lo dico con dolore. NEL SECOLO SCORSO TUTTO IL MONDO ERA SCANDALIZZATO PER QUELLO CHE FACEVANO I NAZISTI PER CURARE LA PUREZZA DELLA RAZZA. OGGI FACCIAMO LO STESSO, MA CON GUANTI BIANCHI». Sono parole di Papa Francesco, pronunciate il 16 giugno 2018. È stato per me doveroso denunciare il delirio di onnipotenza di uno Stato che pretende di definire sommariamente chi ha il diritto di vivere e chi no. Lo farò fino alla morte. Perché se lo Stato in questione è una democrazia, la cosa non diventa meno grave, al contrario, è un delitto ancora più insopportabile.

La scorsa domenica si è ricordata la Giornata internazionale sulla Sindrome di Down, sappiamo che Lei si è dedicato a distribuire nella diocesi di Mazara e non solo, molti dei volantini di Pro Vita & Famiglia dedicati all’argomento. Ci può parlare meglio di questa ed eventualmente anche di altre attività che vanno nella stessa direzione, intraprese nella sua diocesi?

«Il nostro Santuario, come le altre realtà ecclesiali del territorio, ha accolto con gioia l’iniziativa dei volantini di Pro Vita & Famiglia per la Giornata Mondiale della Sindrome di Down. Ma sul tema c’è ancora tanto da fare perché viviamo in un Paese dove 6 bambini trisomici su 10 vengono regolarmente abortiti, e non basta una giornata all’anno per fermare questa deriva eugenetica e far riscoprire a tutti che ogni vita è un dono. È impressionante pensare che i risultati dei test genetici prenatali possono diventare delle vere e proprie sentenze di morte. Ed è inutile girarci attorno: quando un medico sa perfettamente che -solo per fare un esempio- dal 18° giorno di gestazione c’è un cuore che batte, è ancora un buon medico se spinge per fermarlo? Ippocrate, ci ha ricordato di recente qualcuno, è davvero morto ad Auschwitz. La diocesi di Mazara del Vallo è attivamente impegnata a favore della vita nascente, anzitutto attraverso il lodevole sostegno (economico e non) al locale Movimento per la Vita. Tale contributo, supportato da quello del Banco Alimentare, di tanti supermercati e farmacie e dalle offerte di tanti privati cittadini, permette ai vari Centri di Aiuto alla Vita del territorio di garantire assistenza a tantissime donne e famiglie in difficoltà. Lo scopo degli aiuti è di far fronte a quei condizionamenti economici che portano tante mamme a prendere in considerazione l’aborto. In concreto, si va dall’abbigliamento delle gestanti alle consulenze mediche specialistiche ginecologiche (durante la gravidanza e dopo il parto); dal fornire corredini, medicine, omogeneizzati, pannolini, accessori e tutto quello che occorre per la prima infanzia dei bambini, all’assistenza medica degli stessi in tutta la fase pediatrica; dal sostegno economico alle neomamme, fino alla loro assistenza psicologica e spirituale. Chiudo con una vicenda che agita la nostra provincia ormai dalla scorsa estate. Ad agosto, il Consiglio Comunale di Marsala, con 23 voti favorevoli e 3 contrari, ha approvato l’istituzione del Registro dei bambini mai nati, per dare degna sepoltura ai resti mortali dei piccoli che non vengono alla luce. La quasi unanimità espressasi a favore della delibera denotava il buon senso del provvedimento, fuori da qualsiasi polemica o intento di mettere in discussione la legge 194 (tanto più che a Marsala non ci sono strutture sanitarie accreditate per l’aborto volontario). Sta di fatto che sono seguite polemiche asprissime, ricorsi al TAR e diatribe politiche e giornalistiche non ancora sopite (è inquietante, eppure esiste chi lotta e spende fatica e soldi perché i bambini morti vadano a tutti i costi nella spazzatura). A proposito, è stato incisivo l’intervento pubblico di don Vincenzo Greco, Vicario generale della diocesi di Mazara del Vallo che, apprezzando la delibera, ha scritto: «Ha prevalso la ragione che, quando sceglie di essere veramente libera, si lascia illuminare dalla scienza e non dalle supposte “conquiste” della storia. Non sarà un caso che il 70 per cento dei ginecologi italiani siano obiettori e non vogliano avere nulla a che fare con l’aborto, dal momento che loro, uomini di scienza, le evidenze dell’embriologia le conoscono come si deve ed esse sono ben più plausibili di qualunque pretesa ideologica». Grazie a Dio, chi crede nel valore della vita di ogni uomo, non è solo. Dunque avanti, senza esitazioni».

 

 

 

 

 

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